Allora, ammettiamo pure che Fini abbia fatto il furbetto nell’amministrazione del patrimonio di Alleanza Nazionale. Diciamo che ha malversato un immobile (del suo partito comunque, non soldi pubblici) per trasferirlo ad una società off shore. E diciamo anche che l’ha affittato a suo cognato.
Certo non è che sia il massimo della vita, ci sarebbero nazioni nelle quali questo basta e avanza per stroncare una carriera politica.
Non vorrei che ci si dimenticasse però che lo stravotato Presidente del Consiglio, tanti e tanti anni fa, acquistò l’ormai mitica residenza di Arcore, che oggi si chiama villa S.Martino ma allora si chiamava Villa Casati Sforza, in modo ben più discutibile dal punto di vista etico, quand’anche non penalmente rilevante (ma ci sarebbe da discutere).
Ora, quando qualcuno prova a scrivere di questa roba, dei rogiti, di Mangano, di Dell’Utri, della P2 e del ben più che chiacchierato passato imprenditoriale di Berlusconi i suoi servi, dame di corte e maggiordomi, i variCicchitto, Bondi, Capezzone e compagnia, parlano di campagne di odio, attacchi personali, la delegittimazione dell’avversario politico, demonizzazione e tutta questa trita e ritrita sequela di idiozie che ci hanno propinato in questo ventennio.
Oggi però il ministro Sandro Bondi, quello che “noi siamo moderati contro la sinistra dell’odio e del rancore” scrive di pugno al Corriere della Sera dicendo che, se non vogliono sembrare partigiani, devono cominciare ad occuparsi delle case monegasche di Fini.
Ormai hanno talmente rotto gli argini col pudore che possono fare e dire totalmente quello che vogliono, tutto e il contrario di tutto, che tanto c’e’ sempre un fido Minzolini scodinzolante che ometterà di parlarne o ne parlerà secondo le direttive dell’ultima velina dell’agenzia Stefani.
Ancora più sorprendente, secondo me, per quanto io abbia disistima dei miei connazionali, per quanto mi renda conto amaramente dell’ignoranza crassa, della superficialità e del qualunquismo medio, è che nemmeno quando questo è così plateale provochi sommosse di indignazione.
Se il partito a cui mi riferisco elettoralmente mi facesse prima i pistolotti sul garantismo, che ci gli sono attacchi personali, le campagne d’odio e tutte sta tiritera su come si fa e non si fa politica, sul partito dell’amore e quello dell’odio, e poi uno dei maggiorenti del partito scrivesse al primo giornale italiano per buttare benzina sul fuoco di una di quelle campagne presonali eccetera eccetera di cui si sono sempre detti vittime, beh, con me avrebbero chiuso.
Ma mi rendo anche conto che l’italiano medio che leggesse queste righe non saprebbe nemmeno di cosa sto parlando.