La mediatizzazione della politica si porta appresso molti frutti avvelenati.
Uno di questi è la situazione di stallo paradossale fra Fini e Berlusconi i quali, nessuno dei due, hanno avuto ancora le palle di sancire definitivamente quello che è plataealmente sotto gli occhi di tutti: ovvero che questa legislatura è finita.
E il motivo è assai semplice, vogliono entrambi poter usare come arma elettorale l’eventuale rottura da parte dell’altro.
Se fosse Fini a votare contro il governo e farlo cadere, ci sarebbe una campagna elettorale incentrata sul “traditore” (cosa che per altro i dipendenti di Berlusconi sui suoi media stanno già cavalcando da ben prima che si consumasse la rottura).
Se fosse Berlusconi a cacciare definitivamente Fini, avrebbe buon gioco quest’ultimo a dire: “noi siamo stati leali fino alla fine, non ostante tutto, ma siamo dovuti capitolare di fronte all’atto illiberale e unilaterale di espulsione dalla maggioranza”.
Tutto questo sarebbe anche comprensibile e lecito se non fosse che avviene sulla pelle di un paese che è già provato da 20 anni di berlusconismo, da 20 anni di crescita quasi zero, da un debito pubblico gargantuesco e nel bel mezzo di una stagnazione economica che fa seguito ad una delle peggiori crisi economiche dal ’29, con un tasso di inoccupazione [1] che è il terzo peggiore nei paesi OCSE (peggio solo Turchia e Messico) concentrando soprattutto questa sofferenza fra donne e giovani.
Fra i tanti guasti causati da Berlusconi e dal suo sistema di super potere mediatico c’e’ anche questo: aver condotto tutti i politici su un terreno di battaglia che è deteriore per la nazione e congeniale solo a lui. Per altro Fini, oggi vittima di questo paradosso, ne è stato uno dei fautori ed artefici per 15 anni, votando senza fiatare qualunque legge vergognosa gli venisse sottoposta e certificando di fatto lo status quo senza mai battere ciglio. Si è svegliato (e qui hanno ragione i suoi detrattori) solo quando si è accorto che il PDL non era alto che una Forza Italia più grande, che aveva fagocitato la sua creatura AN, emarginandolo ad un ruolo politico marginale e per di più anestetizzato dalla carica istituzionale.
[1] Il tasso di disoccupazione è fuorviante, perchè indica quante persone stanno attivamente cercando lavoro attraverso dei canali monitorabili, come gli uffici di collocamento. Il tasso di inoccupazione, che non a caso nessuno cita mai, indica quante persone fra la popolazione “attiva” siano occupate in attivià produttive, ovvero quanti fra chi potendo lavorare, lavori sul serio.