legali assistevano un imprenditore italiano che ha vissuto proprio questa esperienza. E l’autorità per la tutela dei dati personali di Roma ha emesso un provvedimento con il quale dà ragione a Davide contro Golia, imponendo al colosso Google di rimuovere entro 30 giorni quelle pagine dai risultati delle ricerche effettuati con i riferimenti dell’imprenditore.
Source: Il caso a chiavari – Imprenditore diffamato batte Google | Liguria | Levante | Il Secolo XIX
Condannare Google a rimuovere dei risultati di una ricerca perché conduce a siti che contengono informazioni false, sarebbe come condannare il comune a chiudere la strada che porta ai giardinetti perché dentro ci sono gli spacciatori che vendono il fumo.
Significa proprio non avere un’idea nemmeno vaga di come funzionino le cose.
beh, lo poteva ottenere anche senza passare dal giudice. C’è tutta una giurisprudenza europea in merito.
E’ una giurisprudenza insensata e lontana dalla realtà. Fra l’altro si da per scontato Google come unico motore di ricerca, mentre se pur a fatica ne sopravvivono pure degli altri, che non mi pare siano colpiti in egual misura da provvedimenti. Capisco che sia difficile arginare una notizia su Internet, ma prendersela con un motore di ricerca è davvero fuori da ogni logica.
il giudice mica ha ordinato a tutti di togliere i link 🙂 e così ad occhio è stato il ricorrente a chiedere solo di Google.
Si appunto, un giudice che sapesse di cosa parla e su cosa emette sentenze direbbe: Google è un veicolo di informazioni altrui, e non è nemmeno l’unico, se vuoi zittire le voci calunniose che ti riguardano cita in giudizio i siti che ti diffamano. Che vorrebbe dire fare 30 cause invece che una. Invece avrebbe senso fare causa a google per la copia cache.
un giudice che sa di cosa parla avrebbe dovuto chiedere se il ricorrente avesse usato la procedura Google: se non l’avesse fatto avrebbe dovuto sentenziare il non luogo a procedere: se l’ha fatto e Google gli ha risposto picche il giudice ha il dovere di portare avanti il procedimento. Che sia inutile in pratica perché ci sono altri motori è irrilevante per il giudice.
Insisto, bisogna procedere contro chi diffonde notizie false, non contro i motori di ricerca che ti ci indirizzano. Se uno procede contro il motore di ricerca bisognerebbe respingerlo con perdita. E’ proprio una questione di cosa servono le cose.
Nel mondo reale tu non fai causa alla SEAT perchè usando le pagine gialle un rapinatore ha scelto gli obbiettivi dei furti.