Ci sono due passaggi fondamentali.
Il primo riguarda il fatto che non esistendo il reato di tortura nel codice italiano, pur essendo state commesse violazioni che rientrerbbero in questa fattispecie, non si sono potute infliggere le pene che sarebbero state verosimilmente più alte.
In secondo luogo che, pur essendoci stata una fortissima contrapposizione ideologica sui media e nell’opinione pubblica, un processo penale, dovendo accertare responsabilità penali, deve accertare che quella persona in quel momento ha commesso quello specifico reato, senza ombra di dubbio.
Non è un caso che gli agenti di polizia si rifiutino di avere un numero di matricola stampigliato sulle uniformi, un numero a cui possano collegare una persona solo gli inquirenti, non certo qualcosa per mettere a repentaglio la sicurezza degli agenti o esporli al pubblico ludibrio.
Però loro non lo vogliono. Così la scampano.
Però la sentenza parla chiaro. C’e’ stata tortura, ma non si è potuto procedere. Si sono individutate tantissime violazioni, ma si è potuto dare una faccia e un nome al colpevole solo in pochissimi casi.
La responsabilità penale è una cosa. Quella morale e politica un’altra. Ma teste non ne salteranno. As usual.