Come i miei 24 lettori hanno forse notato le vicende politiche ultimamente mi appassionano poco. Mentre nel periodo berlusconiano non perdevo occasione di sfogare il mio sdegno su questi spazi, ultimamente la mia foga si è ridotta al lumicino. Renzi non è il mio politico ideale, conserva alcune delle pecche che aveva il berlusconismo, culto della persona, cura della comunicazione e della propaganda più che della sostanza, politica economica liberista e non liberale. Certo gliene mancano di quelle grosse e gravi. Non c’e’ conflitto di interesse, non ci sono ombre sul suo passato, le sue frequentazioni e le sue fortune. Qualche bagatella, che magari in altre nazioni costerebbe cara (tipo l’essersi fatto assumere come dirigente dall’azienda di famiglia per avere cospicui contribuiti pagati dal contribuente, se mi passate il gioco di parole).
Poi devo confessare una partigianeria, e rubo per farlo una definizione di Marco, se deve governare un Berlusconi, per lo meno che sia il “nostro”.
In più devo fare una constatazione, amara e rassegnata, riguardo alla reale volontà riformatrice che c’e’ in questo paese (e non solo). Durante i periodi di crisi in molti tendono a diventare conservatori, anche quelli che magari non lo sarebbero o che, se non proprio progressisti, sarebbero per lo meno possibilisti sui cambiamenti. Quando si sta peggio di prima l’idea del cambiamento tende a sembrare un rischio di peggiorare ulteriormente, più che di migliorare le cose per tutti.
Renzi non è Cincinnato, così come non lo era Monti e meno che mai Letta o Berlusconi. Lui, come Berlusconi, ha la capacità di calamitare consenso, di vendere sogni. Ma poi la cruda realtà è che ogni ispirazione riformatrice si invischia nella volontà di chi è toccato dalla riforma di ostacolarla con ogni mezzo. Magistrati, avvocati, lavoratori dipendenti, commercianti, taxisti… ogni categoria, ogni gilda di questo paese, si mette di traverso. Riformate si, ma gli altri.
Renzi ha provato a mettere sul piatto una riforma del Senato della quale non si coglie l’utilità ne il senso. Se non quello di poter dire: visto? la politica si riforma e lo fa comprimendo privilegi e poltrone. O, al contrario, toglie ai conservatorismi l’arma di contrattacco: “la politica riforma sempre ( o tenta di ) le categorie produttive ma non è in grado di riformare se stessa”.
Pensando a questo, e vengo al titolo del post, mi viene in mente l’immagine dei tanti muretti a secco che ci sono in Liguria, che sorreggono ormai colline fradice di pioggia, dopo anni che piove ininterrottamente per molti mesi l’anno, compersa l’estate. In tanti di questi muretti è cresciuto del rampicante, che ormai permea la struttura stessa del muro, ed è diventata la parte più rilevante della portanza del muro. E’ un parassita, ma di fatto decisivo. Un buon massaro sdradicherebbe l’edera, cercherebbe di toglierne ogni ramificazione dalle fessure, e ricostruirebbe dove possibile il muro per rimetterlo in sicurezza.
Io mi immagino gli italiani che guardano il muro e dicono “mah, in fin dei conti, con l’edera sta su, perchè dobbiamo cambiare l’equilibrio che s’e’ formato che maniman[1] crolla tutto”?
Il tutto unito al massaro Renzi che deve il suo poco potere non tanto alla carica istituzionale che investe, ma al consenso che lo circonda. Consenso che è alimentato dalle promesse di mettere in sicurezza il muro, si, ma senza toccare l’edera.
[1] espressione genovese pressochè intraducibile in modo letterale che rappresenta uno stato d’animo di rassegnazione mista ad amaro disincanto.