MILANO Piazza Cordusio al centro dei ciclone finanziario La tempesta delle banche europee scuote la più europea delle banche italiane.
Ieri, alla fine della seduta di Borsa, Unicredit torna ai livelli di un decennio fa: 2,972 euro con un crollo del 10,3% e dopo una sospensione per eccesso di ribasso. Una debacle che spinge l`amministratore delegato Alessandro Profumo a intervenire, scrivendo ai dipendenti, ma rivolgendosi di fatto all`intero mercato: «Siamo assolutamente sereni rispetto alla nostra posizione anche nell`attuale scenario dei mercati globali» Intanto, però, la soglia dei 3 euro è infranta e assieme ad essa si infrangono molte delle – assai relative – certezze degli operatori. L`equazione di base è semplice: le banche tedesche sono in crisi profonda e Unicredit è ormai, anche, una banca tedesca a tutti gli effetti. Sul gruppo pesa anche l`effetto di un tam-tam che circola insistente da settimane e che sovrasta le pur innumerevoli smentite dell`amministratore delegato Alessandro Profumo: Unicredit, mormorano.in molti, avrà bisogno di un au- mento di capitale per rafforzarsi. Ti mori che si rafforzano ieri con altri «rumors» che indicano una situazione difficile di liquidità del gruppo e pronosticano – anche in questo caso prontamente smentiti – la necessità che esso ricorra al mercato interbancario.
Così nelle sale operative si vende a piene mani il titolo Unicredit, ci si aggrappa ai telefoni che rilanciano voci incontrollate, si sfoglia nervosi il «report» appena sfornato da Merrill Lynch – banca d`affari storicamente vicinissima a Unicredit che promuove la strategia del gruppo, tranquillizza sulla liquidità, consiglia ancora di comprare, ma alla fine riduce l`obiettivo di prezzo dai precedenti 5,4 a 4 euro.
Con il tonfo di ieri Unicredit ha perso in un anno il 44% del suo valore.
I Cds, gli strumenti finanziari che garantiscono da un eventuale default della banca, salgono in una giornata di ben cinque punti: fino a venerdì per assicurarsi dal default di un debito Unicredit da 10 milioni ci volevano 135 mila euro l`anno, da ieri se ne chiedono 140 mila, segno che il rischio percepito è aumentato.
E` una tempesta giustificata, quella che si scatena sul mercato? No, a sentire i vertici della banca, ma anche le voci che filtrano da via Nazionale.
Fonti di Bankitalia spiegano infatti che in generale la liquidità del sistema bancario è «soddisfacente ed adeguata».
In dettaglio si apprende anche che Unicredit non desta alcuna preoccupazione perchè la sua situazione è assolutamente si- cura; qualche punto di criticità da sorvegliare con attenzione si osserva invece in ban- che decisamente più piccole.
In serata e a mercati chiusi anche Profumo sceglie di parlare.
Non si rivolge direttamente ai mercati anche perché sarebbe un ammissione che il panico di Borsa si insinua nei piani alti di Unicredit.
Invece sceglie la via indiretta di una lettera che proviene dal suo ufficio ed appare sul sito Intranet aziendale.
Ai dipendenti si spiega che «i coefficienti di liquidità, sia a breve sia a medio termine, superano in maniera significativa i limiti approvati dal cda e quelli richiesti dai regolatori di tutti i paesi in cui operiamo». Ancora, «gli stock di liquidità a breve termine sono dieci volte sopra i limiti prima menzionati e garantiscono liquidità al gruppo ben oltre il 2008 senza dover fare ulteriore ricorso al mercato».
Dunque, nessun ricorso al mercato interbancario.
Sei timori sulla liquidità vengono scacciati via e l`aumento di capitale non appare nemmeno lontanamente nei radar di Unicredit, il mercato non dubita però che nelle prossime settimane il gruppo dovrà mettere in atto iniziative che lo portino a rafforzare la sua patrimo- nializzazione per raggiungere quell`obiettivo di un Core Tier l al 6,2% a fine anno già anunciato.
Si sta lavorando, hanno confermato ancora ieri fonti della banca, a una joint venture che abbia dentro crediti di qualità della stessa Unicredit e di un`altra banca – presumibilmente Merrill Lynch – e che sarà posseduta al 51% da Unicredit.
L`importo dei crediti dovrebbe aggirarsi sugli 1,5 miliardi. Altri 1,7 miliardi potrebbe valere il fondo al quale il gruppo apporterebbe i suoi immobili.
Profumo ha anche alcuni asset da cedere, fuori dal business bancario in senso stretto. Ma in tempi come questi qualsiasi vendita rischia di somigliare a una svendita e così le cessioni notrebebro slittare.