Si usa spesso la metafora del bilancio familiare per descrivere il bilancio dello Stato, in modo che ognuno di noi possa calarsi nei panni di chi deve decidere come amministrare il denaro pubblico e immedesimarsi meglio nelle scelte.
Ovviamente il bilancio di una famiglia è estremamente più semplice, le voci di spesa molto minori e l’alveo degli imprevisti o le crisi che provengno dal mondo esterno mediamente più prevedibile e contenuto. Difficilmente una famiglia deve affrontare un terremoto, un’alluvione, una frana, una mareggiata o una siccità o una invasione di locuste.
Altrettanto una famiglia non ha un “rating” quando va a chiedere un prestito (tant’e’ che nel caso dello Stato si dice “emette debito”).In pratica si becca il tasso più o meno standard agganciato ad Euribor (almeno nella gran parte dei mutui).
C’e’ una cosa però che è assolutamente identica. Ci sono delle entrate e ci sono delle spese “storiche”. Se una famiglia possiede un’auto, sa bene che dovrà ogni anno pagare bollo, assicurazione, vari tagliandi e bollini blu, manutenzione di gomme e varie altre parti deperibili. In un momento di bisogno può decidere, per esempio, di non pagare il bollo, aspettando che poi arrivi l’ingiunzione con la mora, oppure decidere di tenere duro con le gomme “fruste” ancora per qualche mese. Questo evita la spesa li per li, ma non la elimina. Oppure può decidere di rinunciare all’auto. In quel caso la spesa viene eliminata del tutto e per sempre. Sulla base di cosa si prendono queste decisioni? Naturlamente dalla previsione sull’andamento delle proprie finanze. Ad esempio se si deve rifare il tetto alla casa perchè piove dentro e si deve affrontare una spesa molto ingente, si può anche pensare di adottare un risparmio contingente. Rinunciare alle ferie, andare una volta in meno in pizzeria, far durare scarpe ed abiti per qualche tempo più del solito per posticipare il rinnovo degli armadi e così via. Ma se invece la somma complessiva delle uscite è superiore a quella delle entrate, rimandare le spese, posticiparle o comprimerle li per li, non risolve assolutamente il problema, semplicemente nasconde la polvere sotto il tappeto. Fare condoni, ritardare l’andata in pensione dei lavoratori eccetera, significa fare questo.
Ma anche quando si tratta di tagli duraturi e definitiv, è abbastanza improbabile che in una famiglia si decida di tagliare tutto, indisciminatamente, del 10 o 20%. Magari si può fare più attenzione ai consumi, ma è difficile prevedere di usare il 10% in meno di elettricità, il 10% in meno di combustibile per il riscaldamento o il 10% in meno di acqua. E poi ci sono spese che fluttuano indipendentemente dalla volontà di contenerle, penso per esempio ai farmaci. Se durante l’inverno tutta la famiglia si ammala, la spesa per le aspirine sarà più alta che non l’inverno prima in cui tutti sono stati bene.
Cosa servirebbe per far si che i conti si mettessero in asse in modo strutturale e duraturo, quindi?
In primo luogo servirebbe che la platea delle persone che producono reddito aumenti . Viene continuamente sbandierato il fatto che il tasso di disoccupazione è più basso che altrove, ma ci si dimentica di dire che, fra i paesi OCSE, solo Messico e Turchia hanno un numero di persone occupate fra la popolazione attiva (ovvero fra i 14 e i 65 anni) inferiore al nostro.
Siamo una nazione che invecchia, la compressione demografica porta con se questo risultato. Però rispetto ai nostri padri e nonni, invecchiamo meglio, più sani e meno logorati da lavori che sono sempre meno duri, per lo meno in gran parte. E’ chiaro che un impiegato che sta al caldo d’inverno e al fresco d’estate seduto davanti ad un PC durante la sua vita lavorativa subirà un’usura ben diversa che non chi scava carbone nel Sulcis o lavora in fonderia.
Si era provato a fare una differenziazione fra lavori più o meno usuranti, ma col “piccolo” vulnus di aver lasciato alle aziende l’incarico di decidere quali fossero e imponendo loro, per quelli che venivano inseriti in queste categorie, maggiori oneri contributivi. Ca va sans dire che è stato un gigantesco buco nell’acqua.
Poi c’e’ il capitolo evasione fiscale. Combatterla seriamente sarebbe relativamente semplice a volerlo fare. Un dato per tutti: più della metà di coloro che hanno un’auto in leasing (tutte quelle Audi e BMW che si vedono in autostrada di qualcuno saranno pure) hanno un reditto dichiarato inferiore alla rata di leasing della macchina. E il leasing è uno di quegli strumenti usati proprio da chi non vuol far risultare il macchinone dentro il “redditometro”. Non solo, basterebbe il “contrasto di interessi”. Se un artigiano ti fa un lavoro in casa, deve essere detassabile al 100%. A quel punto tutti i cittadini avrebbero ineresse a farsi fare la fattura. Infinie la tracciabilità dei pagamenti. Se ogni centesimo che cambia di tasca lascia un segno elettronico, in qualunque momento si venisse sottoposti ad un controllo, senza una pezza giustificativa, quel denaro diventerebbe automaticamente una prova di evasione. Il caso Scajola/assegni docet.
Infine la compressione delle spese. Ci sono troppi ospedali periferici, tenuti in vita solo per imbonire i collegi elettorali. Troppi tribunali. Troppe caserme dei carabinieri completamente inutili (e che per altro sottraggono, per il piantonamento, personale dai servizi di pattugliamento). C’e’ un’eccessiva frammentazione di livelli amministrativi. Le province sono enti che non servono più a nulla, così come le prefetture. I comuni dovrebbero poter esistere, salvo casi eccezionali, tipo isolette o enclaves, solo se hanno una certa dimensione territoriale ed un certo numero di residenti.
E poi ci sono i mille rivoli di spesa pubblica nei vari finanziamenti o prebende o società partecipate che succhiano sangue come mignatte alle casse pubbliche. Per esempio non ho mai sentito la proposta di migrare il software della P.A. verso l’Open Source. Solo di licenze si risparmierebbero milioni e milioni di euro ogni anno.
Poi ci sono le gilde in vari comparti economici. I tassisti, che vogliono conservare il valore della licenza e i prezzi alle stelle, mentre se il sistema fosse libero ci sarebbe concorrenza, nuovi soggetti, e si eviterebbero scene raccapriccianti come la gente in coda a Termini per ore ad aspettare un taxi libero.Ci sono i titolari di concessioni balneari che pagano una miseria e guadagnano milioni sfruttando un bene pubblico. Così come i produttori di acqua minerale da sorgenti che dovrebbero essere di tutti. Non parliamo delle professioni. Tanto per dire in Italia esiste una legge che impone che ci siano tot notai per abitante. Il numero dei notai attuale è un po’ più della metà di quelli previsti dalla legge.
Anche la giustizia a suo modo concorre a questo meccanismo. Le multinazionali straniere non investono in Italia anche perchè se hanno un contenzioso potrebbero aver ragione in guidizio dopo decenni. In più una giustizia lenta, in cui i reati in gran parte finiscono prescritti, premia i disonesti, i corrotti, i ladri e gli evasori. Sapere che chi sbaglia paga rapidamente e severamente, è un ottimo incentivo a comportarsi bene (con tutto quello che ne consegue). Avere una giustizia che funziona significherebbe ridurre di molto il dissanguamento delle casse pubbliche per colpa della corruzione. Nella sanità, che è una delle maggiori fonti di spesa. Ma anche nella previdenza. Un falso invalido o uno che gode di benefici (sacrosanti) come l’aver lavorato nell’amianto o fra il carbone, senza averne diritto, ruba dei soldi di tutti. Sapendo di rischiare la galera e un esborso economico prima di provarci uno ci pensa 10 volte. Se sa che non rischia niente, magari la truffa la tenta.
E ci sarebbero decine di esempi possibili. Mia moglie lavora in una assicurazione. Per ottenere risparmi sulla RC propongono l’installazione di una sorta di “scatola nera” che registra tutti gli spostamenti dell’auto e di fatto rende impossibili le “torte” che sono il motivo per cui le assicurazioni delle auto aumentano vertiginosamente ogni anno. Solo questo risparmio rimetterebbe in circolo nell’economia decine di milioni di euro. Basterebbe rendere queste “scatole nere” obbligatorie.
Per fare questo, naturalmente, bisogna avere una grande forza politica (che per altro Berlusconi avrebbe) ma non basata sul populismo e sull’ultimo sondaggio o sulla paura di scontentare il proprio elettorato di riferimento (e qui casca l’asino).
Tornando al padre di famiglia, in tempo di crisi bisogna saper dire ai propri figli che il videogioco X o l’abito firmato Y non si possono comprare. Ma dal canto proprio bisogna averne l’autorevolezza, che deriva anche dal fatto di non essere accusabile in prima persona di buttare via il denaro.