In Italia è ammissibile che un veterano della politica, ministro della difesa, coordinatore del primo partito italiano, non conosca il nome di un primo ministro europeo.
E non, si badi, alla domanda a bruciapelo: “chi è il primo ministro della Moldavia?” o “chi è il ministro degli esteri della Macedonia?” che effettivamente può imbarazzare chi non ha una memoria reattiva. Ma, a fronte della sollecitazione di Casini sulle amicizie scomode di Berlusconi, avendo messo sul tavolo il nome di Lukashenko, questo si sia girato dai suoi galppini a chiedere “chi è costui?” come se fosse un Carneade qualunque. E dire che dopo la visita di Berlusconi alla Bielorussia si era sollevato un discreto vespaio, per essere l’unico primo ministro occidentale che abbia messo piede in quelle terre, dando in qualche modo una legittimazione al despota locale, e si era pure azzardato a dire una cosa acrobatica tipo che “Lukashenko è amato dai suoi concittadini perchè vince sempre le elezioni” che sarebbe stato come più o meno dirlo di Breznev ai tempi dell’URSS.
Purtuttavia, il ministro della difesa, parlamentare di lungo corso, coordinatore del primo paritto italiano, questo nome non l’aveva memorizzato. Più o meno come il generale della Nato scambiato per un wafer .
In quasi tutti i paesi del mondo questo sarebbe bastato e avanzato per chiedere, non dico ottenere, le dimissioni. Da noi è tutto folklore.