Io come ho scritto spesso in passato sono favorevole alla caccia. Vengo da una tradizione sia familiare che “ambientale” in cui l’attività venatoria è sempre stata praticata ed è parte integrante del mio tessuto sociale.
La cosa però che posso raccontare, per la mia esperienza personale, è che ogni grammo di carne proveniente dalla caccia è sempre finita nei surgelatori dei cacciatori (o dei loro amici e familiari) e che l’uccisione aveva come fine, oltre naturalmente alla passione per la caccia in se, quella di catturare della selvaggina per farne banchetti.
Siccome io non sono un ipocrita, mangio le bistecche e i pesci, e vi garantisco che le bestie di allevamento non è che esattamente si suicidino per poter diventare succulente costate o orate al cartoccio. Quindi penso che uccidere un animale che ha vissuto libero per poi cibarsene sia meglio ancora, per lui, che tenerlo allevato in cattività all’ingrasso (anche se pure per fare questa cosa c’e’ modo e modo).
Quello che invece non capirò mai è la caccia fatta per puro divertimento, per avere una testa impagliata da appendere al muro.
Per di più rivolta verso animali la cui specie è minacciata di estinzione.
Per questo non provo nessuna compassione per il dentista del Minnesota che ha speso decine di migliaia di dollari per potersi appendere al muro la testa di un leone e che ora si trova al centro di una protesta (a volte esagerata e troppo violenta, per la gravità comunque relativa del fatto) planetaria.
Uccidere gli animali per mangiarseli è una cosa che fa parte della natura e della catena alimentare. Noi siamo onnivori (checché ne dicano alcuni) e possiamo anche fare la scelta etica o salutistica di non mangiarli più (ed è una scelta che rispetto profondamente). Invece ucciderli per il gusto di ucciderli, mi sembra una grottesca barbarie, che non fa bene a nessuno. Sospendo il giudizio sul contenimento demografico fatto coi fucili.