Ieri mi sono dilungato (a braccio, quindi potrei anche aver scritto qualche inesattezza) su come funzionino le istituzioni della repubblica italiana dalla sua nascita ad oggi. Nel mezzo ci sono state alcune riforme significative, ad esempio quella che ha ampliato e modificato i poteri della Consulta negli anni ’50 e quella che ha ampliato e modificato i poteri delle regioni nei ’90, oltre all’adesione all’Unione Europea che ha decentrato molti poteri verso Bruxelles e Strasburgo.
Per queste e per tutte le ragioni di cui ho provato a fare una carrellata nel post di ieri, lo Stato ha certamente bisogno di essere riformato. Naturalmente le ricette sono molteplici e possono andare in direzioni molto diverse fra di loro. Fra gli Stati Uniti, la Germania, il Giappone, il Canada, la Francia e la Gran Bretagna, tanto per rimanere negli altri sei stati democratici del G8, ci sono differenze profondissime (ad esempio ci sono delle monarchie) sulla forma dello Stato e delle istituzioni e sono tutte ugualmente valide anche se forse molto calate nel contesto.
Io provo a dire come vorrei che fossero le istituzioni italiane dopo le riforme.
In primo luogo concordo sull’auspicio di avere un potere esecutivo molto rafforzato, in parte perchè il suo contrappeso già esiste e sono le regioni e l’Europa, in parte perchè è oggettivamente difficile governare restando impantanati nella lunghezza nella stesura di leggi in doppia lettura su due camere con identiche prerogative, fatta salva la promulgazione del Presidente della Repubblica.Tant’e’ che poi si ricorre ad ogni pie’ sospinto alla decretazione d’urgenza e ai commissari straordinari, che di fatto agiscono in deroga alle leggi vigenti. E magari succede che un presidente di regione, che si deve occupare di sanità per ruolo istituzionale, ne venga nominato commissario. Con gli stessi incarichi, ma molto più potere e, sopratutto, la possibilità di agire in deroga alla legge. In più esiste quella forma odiosa di rallentamento delle attività parlamentari che si chiama ostruzionismo (ovvero io presento decine e decine di emendamenti ad una tua legge in modo che tu sia costretto a votarli tutti, anche bocciandoli, ma producendo così un grave ingorgo nelle attività del legislatore) al quale viene contrapposto l’uso forsennato di voti di fiducia che, per la loro natura, non prevedono l’eventualità di emendamenti (altrimenti come si farebbe a stabilire se il governo gode o meno della fiducia?).
Per cui io sono d’accordo sulla riforma della Repubblica da parlamentare a presidenziale, dove il Presidente della Repubblica concentra su di se tutto il potere esecutivo (come negli USA) e non ha più bisogno della fiducia del parlamento, visto che viene eletto direttamente dai cittadini. Naturalmente questo significa introdurre anche alcuni sistemi di igiene istituzionale, come ad esempio il limite di tempo e di mandati per il presidente (negli USA sono due mandati anche non consecutivi di 4 anni, dopo i quali non si possono più avere incarichi di alcun genere). Il governo potrà avere al massimo 40 membri fra ministri e sottosegretari.
Lo dico perchè questo sistema già esiste nel governo delle regioni, ma sia Formigoni che Errani, per esempio, hanno deciso di infischiarsene del limite dei mandati (piuttosto incredibilmente invero) e continuano a governare indefessamente da 20 anni. Ora, per importanti che siano Emilia e Lombardia, di certo queste cose a livello di Stato centrale debbono essere impedite, con leggi non interpretabili, in modo cristallino. Negli USA dopo un doppio quadriennio di presidenza non si può fare più nemmeno il sindaco del paesino dove si è nati.
Onestamente, vedendo anche l’esperienza americana, io penso che siano meglio 8 anni di Bush, pur con poteri grandissimi, che 20 di Berlusconi, pur con poteri inferiori. Tu sai che dopo 4 anni un presidente può essere mandato a casa. E in ogni caso dopo 8 cessa di essere qualcuno che può avere la benchè minima carica.
Anche il potere legislativo va quindi riformato in modo decisivo. In primo luogo i due rami del parlamento si devono occupare di materie differenti. Il Senato potrebbe occuparsi delle regioni e di legiferare su quello che riguarda gli ambiti e le competenze delle regioni (un po’ come fa l’Europa con gli stati membri, rispetto a materie di interesse comune), mentre la Camera si potrebbe occupare di leggi nazionali. Il numero dei parlamentari, dai 1000 attuali, dovrebbe scendere a 300. Duecento deputati e cento senatori, sono già abbastanza.
Questo modello prevederebbe anche un incremento notevolissimo di poteri per la Consulta, che dovrebbe dirimere tutte le questioni di conflitto fra i due rami del parlamento, oltre che diventare l’unico attore, in assenza del vecchio ruolo del Presidente della Repubblica, nel decidere se una legge sia o meno conforme alla Costituzione. In più, per evitare le penose manfrine autoassolutorie dei parlamentari, la renderei anche l’unica magistratura in grado di stabilire la procedibilità nei confronti di un parlametnare o di un magistrato, estendendo questa tutela anche ai presidenti delle regioni e ai sindaci delle città più grandi. (Quindi sarebbe la Consulta, che a questo punto simiglierebbe un bel po’ alla Corte Suprema, a decidere se la richiesta di un magistrato ordinario contenga “fumus” oppure no). Per poter fare questo chiaramente dovrebbe avere almeno una parte dei suoi membri di elezione diretta, una parte di elezione parlamentare, e una parte di elezione da parte della magistratura.
Le regioni diventerebbero così luoghi di governo a tutti gli effetti, ma così come sono oggi sono troppe e troppo piccole. Si dovrebbe stabilire per legge un tetto minimo di residenti e di superficie. Così a spanne io direi che le regioni potrebbero diventare nove: NordOvest (Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria), Triveneto (Veneto, Trentino, Friuli), Lombardia, Emilia Romagna, CentroNord (Umbria, Toscana e Marche), CentroSud(Abruzzo, Molise, Lazio e Campania), Sud (Puglia, Basilicata, Calbria) e le due isole. Ma naturalmente lascerei all’autonomia degli enti locali di decidere come ricollocarsi. In questo modo si creerebbero degli attori in grado di competere con dei landen tedeschi ricchi e popolosi come la Baviera o la Sassonia. Con lo stesso criterio ridurrei drasticamente il numero dei comuni. Ci vorrebbe un minimo di abitanti e un minimo di superficie, con magari deroghe per le isole minori (che so Ustica o Lipari) le enclaves (Campione) eccetera. E abolirei le province, che a questo punto diventerebbero enti totalmente inutili e resisterebbero, come “area geografica”, solo per identificare le procure e i tribunali, in modo da avere una suddivisione territoriale sulle competenze. Abolirei anche le prefetture che, in uno stato federale, sarebbero una assurda presenza dello stato centrale in periferia.
Riunificherei le forze di polizia principali, Carabinieri, Polizia e GdF, in un unico grande contenitore, smilitarizzando Carbinieri e GdF e consentendo il transito fra i vari corpi di polizia. Lascerei alle regioni la facoltà di istituire delle polizie locali, con dei compiti legati ai reati territoriali (ambientali, stradali, di contribuzione locale) come già esistono la polizia municipale e quella provinciale.
Per quanto riguarda la giustizia sono contrario alla separazione delle carriere fra magistratura giudicante e requirente. Allo stesso modo sono contrario all’obbligatorietà dell’azione penale, che invece dovrebbe provenire da un preciso indirizzo politico. Il che potrebbe essere risolto creando una apposita commissione all’interno del CSM la cui composizione potrebbe attingere solo dai “laici”. In questo modo, se pur indirettamente, la politica metterebbe delle sue persone a guidare la magistratura requirente per decidere su quali versanti rendere più incisiva la lotta al crimine.
Riformerei il processo penale, per renderlo effettivamente efficace, eliminando quasi del tutto la chanche di un imputato di resistere in giudizio ad oltranza per ottenere l’estinzione per prescrizione come risultato positivo. Ad esempio interromendo la prescrizione dal momento in cui viene emessa una sentenza di primo grado. Se e solo se la sentenza di Appello annullasse la sentenza di primo grado con rinvio, la prescrizione ricomincerebbe a correre. In seconda battuta eliminerei l’automatismo del ricorso in Cassazione. Magari introducendo un giudizio monocratico se sussistano le condizioni per chiedere di cassare la sentenza di appello. Eliminerei la facoltà di patteggiare a processo in corso. Consentirei però la facoltà ai giudici di concedere un’attenuazione della condanna nel caso in cui, a procedimento in corso, l’imputato si dichari colpevole e renda piena confessione.
Eliminando le province tutto il personale che esse hanno in organico potrebbe essere trasferito ai tribunali, con una perequazione contrattuale vantaggiosa per i lavoratori, il che produrrebbe, mantenendo un costo già esistente, di colmare le vistose lacune di organico dei tribunali, sostanzialmente a costo zero.
Infine la RAI, che è un servizio cruciale per la qualità della nostra democrazia, dovrà essere tolta completamente dal controllo della politica, affidata ad una sorta di fondazione autonoma, con il consiglio eletto p.es. per un terzo dai dipendenti, un terzo dagli abbonati e un terzo di nomina accademica, fra i rettori i presidenti degli enti di ricerca e così via. Verrrebbe quindi eliminata l’anacronistica Commissione di Vigilanza Rai.
Per quanto riguarda le Authority, tipo l’Antitrust, anche in questo caso ridurrei la nomina politica ad una parte dei membri di questi organismi, e lascerei una parte consistente di essi alla società civile. Aumentando notevolmente il potere sanzionatorio e rimettendo le loro decisioni al Consiglio di Stato (saltando il grado del TAR e di fatto equiparandole ad un TAR).
Infine riformerei (in modo un po’ più serio e meno pirico rispetto a Calderoli) i codici, nel senso di riduzione drastica e decisa del numero di leggi esistenti, che sono davvero troppe (diceva Tacito: “corruptissima re publica plurimae leges”) e di una riduzione consistente delle pene, in modo da ridurre la pressione sulle carceri ed evitando di ricorrere a forme di detenzione alternativa (domiciliari, servizi sociali….) anche per rati piuttosto gravi.
Infine il sistema elettorale, il migliore che mi viene in mente è quello per l’elezione del sindaco. I candidati si presentano ad un primo turno, se non raccolgono il 50+1, vanno al ballottaggio. Eviterei le alternanze di voto come negli USA (le midterm) ma eleggerei il Parlamento e il Presidente in un’unica tornata. Anche l’elezione al Parlamento avverrebbe con collegi uninominali a doppio turno.