Qualche tempo fa la presidentessa della regione FVG venne linciata per aver detto l’ovvio: un reato è più grave moralmente se viene commesso da qualcuno che è in Italia a richiedere asilo e protezione.
Venne massacrata e additata di razzismo, di inseguire la destra e via discorrendo.
Oggi invece è un coro nel dire che uno stupro, compiuto da dei militari in uniforme che avrebbero il compito di proteggere i cittadini, è più grave. E i carabinieri stessi sono i primi a stigmatizzare con nettezza il comportamento dei loro colleghi, proprio ben consci che nel momento in cui qualcuno che indossa una così distinguibile uniforme, nel momento in cui la macchia, macchia quella di tutti.
Così come gli stupratori di Rimini, oltre ad aver usato una bestiale e inaudita violenza verso una povera ragazza indifesa, hanno reso ancora più difficile il percorso per quanti loro connazionali e stranieri cercano strenuamente di integrarsi e di avere una vita migliore.
Ci sono delle responsabilità oggettive che abbiamo nella vita, anche quelle che non scegliamo di avere. Se io domani andassi lavorare in Germania o negli USA o a Dubai, dovrei essere un cittadino esemplare, ancora più di quanto cerchi di esserlo qui, per evitare che la cattiva nomea o il pregiudizio contagi i miei ospiti verso i miei connazionali.
Compiere un’azione infame quando si rappresenta, volenti o nolenti, qualcosa o qualcuno, è peggio che farla rappresentando solo se stessi e facendo discendere lo stigma che ne deriva solo su se stessi.
Stuprare essendo carabinieri, o essendo profughi, è più grave. Più grave.