Nel PDL è in corso una vera e propria partita a scacchi fra Berlusconi (e berluscones) e Fini (e affini). La mossa di oggi di Berlusconi è stata in due fasi: la prima svilire, parlando con gli eletti nel Lazio, la portata della polemica con Fini derubricandola a “questioni secondarie”. E poi, per palesare questa tesi, ha mandato in avanscoperta il più “leggero” dei triumviri che reggono il partito sotto la sua regia, Dennis Verdini.
In pratica il messaggio è chiaro: Fini non conta un accidente, le polemiche che fa sono bagatelle, ergo lo faccio tenere a bada da uno dei miei barboncini da compagnia, ma quello che abbiaia di meno.
Fini ha inevitabilmente reagito a questa provocazione rifiutando con sdegno l’incontro, ma è comunque una mossa perdente. Se avesse accettato, Berlusconi avrebbe fatto accostare ai suoi media le due parti della notizia “Fini non conta un cazzo” “Fini incontra Verdini (cioè nessuno)”.
Avendo rifiutato, domani partiranno i manganellatori professionisti sui giornali di casa dicendo che “Fini chiede il confronto ma poi lo rifiuta” visto che formalmente, per quanto Verdini non conti una mazza (e per di più sia pesantemente indebolito dallo scandalo “cricca”), è pur sempre il secondo in linea dinastica sotto il monarca.
Anche Gianfranco Fini, uomo di non comune intelligenza, si è accorto con soli 15 anni di ritardo di quanto sia tragicamente pericoloso per la democrazia avere a che fare con qualcuno in grado di manipolare a proprio piacimento l’opinione pubblica, presentando fatti e opinioni come se fossero la stessa cosa e, naturalmente, ignorando o ridicolizzando le opinioni difformi dalla propria.
Quindi a Fini non resterà molto da fare che dimettersi da presidente della Camera e formare l’ennesimo partitino insignificante, dovendo poi fare una campagna elettorale sotto un bombardamento continuo, per di più dopo essere andato a Canossa da Pierferdi. Tempi duri camerata Gianfranco.
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