A marzo dello scorso anno si è verificato uno scossone politico importante. Non è il primo e non è nemmeno un unicum in Occidente. Trump in USA alcuni partiti come Podemos, Ciudadonos in Spagna, Alba Dorata in Grecia e poi Polonia, Unghera, Brexit…. tutti esempi di risultati elettorali sorprendenti fino a non molto tempo fa, ma del tutto normali oggi.
Sono cose che si sono già viste in passato. Nel momento in cui c’è della crisi o una perdita di identità o della rabbia, vengono fuori movimenti identitari e populisti, guidati da persone mediocri ma che hanno grande presa sulle platee perché propongono soluzioni semplici, radicali e taglienti a problemi altrimenti complessi.
Berlusconi di recente è stato un antesignano coi suoi slogan “meno tasse per tutti” e “semplificare la cosa pubblica” “un milione di posti di lavoro” e via farneticando.
I partiti progressisti e conservatori nel Mondo si erano ormai adagiati sulla placida corrente novecentesca dell’alternanza, la bilancia oscilla fra gli uni e gli altri, che propongono di volta in volta ricette che spesso hanno finito per confondersi.
Per esempio il tratto liberista in economia è sostanzialmente consolidato in entrambe le fazioni, senza che alcuno osi metterlo lontanamente in discussione. Così come la riduzione di spesa pubblica a nocumento del welfare, per “rilanciare l’economia”.
A questo si è aggiunta una ormai sistematica crisi del modello occidentale, con le democrazie sempre più deboli e ostaggio della popolarità che impedisce di fatto a chi governa di prendere decisioni radicali, motivo che fa propendere per invece chi promette di poterlo fare.
La cosa paradossale è che per esempio Berlusconi, che si presentò con questo genere di ricette, condusse (non solo per questo) l’Italia verso la Caporetto del 2011, quando solo l’intervento di Napolitano e Monti evitò che la nostra nazione fallisse ed andasse in default, con gli effetti disastrosi a catena che ben si possono supporre, ma la cura da cavallo a cui ci sottopose il famoso governo di larghe intese, anziché risvegliare le coscienze e far aprire gli occhi agli elettori riguardo a quanto corte siano le gambe delle promesse dei populisti, fece si che venisse data al dottore per la cura e non allo stile di vita per la malattia.
Ancora oggi Monti (ed in particolare la professoresse Elsa Fornero) vengono dileggiati ed esposti al pubblico ludibrio per aver in quel delicatissimo frangente della vita repubblicana sostanzialmente tenuto a galla la nave.
Mutatis mutandis sarebbe come se un fumatore incallito, ammalato di cancro ai polmoni, si incazzasse con il suo oncologo perché la chemioterapia gli ha fatto cadere i capelli.
In questo scenario siamo arrivati alle elezioni di Marzo, in cui hanno prevalso due forze populiste, a nocumento di altre due forze meno populiste nella tradizione, ma assai populiste nei propri frontmen, ovvero Berlusconi e Renzi. Queste due forze hanno vinto le elezioni per un mix di capacità di raccogliere il malcontento (il governo Monti fu sostenuto e votato da PD e FI con 5S e Lega all’opposizione) e di una nuova ondata di promesse vacue.
Ad esempio la Lega promise in campagna elettorale di abolire la Fornero, instaurare un regime di tassazione non progressiva (la cosiddetta flat tax) e di eliminare le accise sui carburanti, oltre che la solita paccottiglia xenofoba, nazionalista e identitaria, tipica dei partiti di estrema destra.
Il Movimento 5 Stelle a propria volta promise un giro di vite fortissimo sulla corruzione, un Reddito di Cittadinanza (che se la lingua italiana ancora ha un significato vorrebbe dire avere uno stipendio per il semplice fatto di essere cittadini), il superamento della Fornero e il blocco totale di gran parte delle opere pubbliche, dal TAP al TAV, alla chiusura dell’ILVA al rilancio di Alitalia.
Stiamo arrivando dunque al giro di boa del primo anno di questa nuova legislatura e niente di quel che è stato promesso si vede all’orizzonte. Sono stati adottati due provvedimenti fantoccio che in qualche modo possono far dire ai partiti di governo di aver iniziato a mantenere le promesse, ma nei fatti questo è falso.
I pensionandi che vogliono anticipare l’uscita dal lavoro lo possono fare rinunciando ad una parte assai cospicua del proprio emolumento pensionistico e il Reddito di Cittadinanza, che altro non è che un sussidio di disoccupazione, è una misura che ricalca nei fatti il Reddito di Inclusione istituito da Gentiloni.
A questo proposito giova ricordare come, sentendo arrivare lo tsunami elettorale, il governo a guida PD si affrettò nell’ultimo anno di legislatura a fare il decreto Minniti e il REI, appunto, che altro non erano che l’anticipazione di quel che avrebbero fatto Salvini e Di Maio, sperando in questo modo di conquistare gli elettori che stavano andando da quella parte.
La Storia insegna che quando si propone una copia dell’originale, avendo a disposizione l’originale, gli elettori scelgono quello.
Uno dei temi su cui invece il Governo mantiene le promesse è il tema dell’immigrazione, Lo può fare perché è facile, a costo economico zero e alla fin fine delle sofferenze dei migranti che cercano di raggiungere un pezzetto del nostro benessere non frega granché a quasi nessuno.
Abbiamo vissuto nell’illusione che essere buoni(sti) altruisti e generosi fosse una conquista consolidata, pensare al prossimo, distribuire più equamente le ricchezze, preservare l’ambiente e tutelare le minoranze un percorso intrapreso ed inesorabile, una sorta di inerzia progressista impossibile da arrestare.
Da questo bel sogno ci siamo svegliati di botto. Il rigurgito di odio e malessere che si è riversato attraverso la Rete nei confronti di persone deboli e inermi lascia sbigottiti e sgomenti. La politica del governo di osteggiare le ONG in mezzo al mare, dal proprio lavoro di salvare i migranti che tentano la traversata, ha proprio questa genesi. Se nessuno li salva e muoiono, questo può essere un vantaggioso deterrente alla loro voglia di venire qui.
In questo putridume di odio e di malessere si sono aggiunte le congiure complottiste, i vari discorsi da bar che abbiamo sempre sentito, le leggende metropolitane di quelli che l’avevano sempre saputo e che ci avevano visto lungo. Quelle che sono state ribattezzate fake news. I partiti di governo di sguazzano, di questi giorni l’uscita di un Senatore della Repubblica Italiana (mai avrei pensato di poter scrivere una cosa del genere, nemmeno il MSI di Almirante sarebbe arrivato a tanto) che ha riportato in auge una vecchissima teoria del complotto sui Savi di Sion una bufala costruita e smontata più di un secolo fa.
Per non parlare del cosiddetto piano Kalergi altra spazzatura propagandistica in cui la Lega e Salvini hanno sguazzato per mesi.
In questo scenario è curioso vedere come si stanno riposizionando e come tentano di reagire a questa slavina i partiti “tradizionali”, PD e FI, quelli che in qualche misura sono riconducibili a PSE e PPE in Europa.
Forza Italia, attraverso i propri organi di stampa, dalle TV Mediaset ai giornali di famiglia, sta facendo un rapido riposizionamento verso una linea più moderata, in particolare verso l’Europa, per anni al centro di polemiche al calor bianco e scetticismo e gli immigrati. Giova ricordare che nel 2001 durante l’introduzione dell’euro era in carica un governo Berlusconi, dal quale si dimise il ministro Ruggiero, considerato vicino agli Agnelli, per lo scetticismo con cui venne accolto l’ingresso nella valuta comune.
Mediaset ha per anni contribuito con fake news e TG e rotocalchi pesantemente sbilanciati sulla cronaca nera e il pericolo degli uomini neri al clima di ostilità che si è creato verso i migranti, per tirare la volata a Forza Italia, ma per loro sfortuna è stato Salvini a passare all’incasso.
Il riposizionamento delle emittenti di famiglia di questi tempi è tardivo e per certi versi inutile. Ormai le fonti di approvvigionamento di notizie per milioni di persone sono altri e la TV si sta relegando ad un ruolo di irrilevanza.
Il PD invece ha fatto la scelta della politica del “pop corn”. In qualche modo sostiene (con più di qualche ragione) che quelli che al momento governano sono dei cialtroni incapaci che non saranno in grado di portare a termine nessuna delle molte promesse annunciate (su diverse hanno già dovuto ammainare bandiera bianca: TAP, ILVA, Accise…). Questa incapacità porterà gli elettori a valutare l’operato del governo e soprattutto ri-valutare l’operato dei governi precedenti, ridando al PD onore e merito per aver ottenuto risultati decenti in termini di crescita economica ed occupazione ed export (anche se in termini di disuguaglianze e precariato le cose sono largamente peggiorate).
Anche questa è una scommessa perdente, la storia di Berlusconi e Monti è emblematica. Passato il populista, lasciate le macerie, è arrivato Monti a cercare di limitare i danni e il risultato è stato che la colpa è stata data a Monti. All’oncologo che fa cadere i capelli.
Anche questa volta non sarà diverso. Se anche i populisti falliranno (come è probabile che sia) e ci porteranno dritti verso una recessione e saranno necessarie cure da cavalli per riportare la nazione in sella, gli elettori non premieranno chi cura il cavallo, ma il prossimo fantino che prometterà cose ancora più azzardate e continuerà a soffiare sul fuoco di paure e insicurezze.
Del resto la globalizzazione, internet, le conquiste delle minoranze, degli omosessuali, delle donne, ben lungi dall’essere complete e raggiunte del tutto, sono tutt’altro che irreversibili e creano profonde crisi di identità in una società che per anni è stata patriarcale, monogama ed eterosessuale, bianca e cattolica.
Vorrei chiosare questo mio lungo articolo di rientro nel blog con una ricetta, ma sfortunatamente non ce l’ho. Rivedo gli spettri della repubblica di Weimar, quando i socialisti tentavano di placare le ire dei tedeschi umiliati dalla sconfitta e vessati dalle sproporzionate decisioni di Versailles parlando di nazionalismo e di orgoglio patrio, non facendo altro che arare il terreno per l’orrore dei trent’anni successivi.