Fra i tanti effetti deteriori di vivere in una nazione in cui la quasi totalità dei media è sotto il controllo di una persona sola è che ogni fatto e ogni notizia vengono presentati in modo fazioso o comunque deformato o decentrato rispetto al vero. Anche i media non allineati o non direttamente sotto controllo, quando parte il dibattito su una determinata falsariga molto raramente hanno la capacità di sottrarsi a questo mainstream e si adeguano.
Successe per esempio, e fu un caso piuttosto clamoroso, quando Buttiglione venne “trombato” assieme ad altri da commissario europeo. Ne seguì un dibattito completamente surreale, sulla presunta discriminazione da parte delle istituzioni europee dei cattolici. Per chi aveva la possibilità, la voglia e la capacità di seguire la vicenda sui media stranieri, fu evidentissima la scollatura esistente fra il tema del dibattito locale e quello internazionale.
In pratica Buttiglione fu nominato da Berlusconi per sopire l’ala burrascosa dell’UDC, capeggiata da Follini e far prevalere in quel partito l’ala filoberlusconiana (strano deja-vu, vero?). Buttiglione fu proposto per presidere la commissione che si occupa di “Libertò, Giustizia e Uguaglianza”. Fra i compiti di questa commissione c’e’ quello di tutelare le minoranze, tutte le minoranze, compresa la comunità gay. Fu subito chiaro che un filosofo cattolico, docente presso una istituzione vaticana e che più volte si era espresso in atti e parole in modo piuttosto tranciante rispetto all’omosessualità non fosse precisamente la persona adatta a ricoprire un ruolo in cui, chi si comporta proprio come Buttiglione in diverse circostanze, sarebbe stato da censurare. Qualcuno all’epoca disse che sarebbe stato come nominare Bertinotti per presidere la BCE.
Oggi, nel pieno di una nuova crisi del PDL, molto simile a quella che portà al rimpasto del secondo governo Berlusconi, al siluramento di Tremonti per far spazio a Siniscalco, siamo di nuovo alle solite. I media italiani attribuiscono questa crisi e questo attrito al grande successo elettorale della Lega, che avrebbe spostato l’asse della coalizione verso quell’area politica (mentre Fini sarebbe più radicato nel centrosud) e quindi portato a frizioni fra le due anime del centrodestra.
In realtà non servirebbe nemmeno saper leggere fra le righe per capire che questa sia solo una parte (e pure piuttosto marginale) del problema vero. Gianfranco Fini, già dal tempo del video rubato in cui parlando liberamente non temendo di essere ascoltato mostrò apertis verbis la propria insofferenza verso l’atteggiamento da monarca di Berlusconi, oggi vede che questo controllo monocratico di tutto il PDL sta diventando irreversibile. Fino a che esistva AN, partito autonomo e con una sua abbondante dignità elettorale, Fini era forse un feudatario del Re, ma certamente con abbastanza potere contrattuale da non dover soggiacere ad ogni capriccio del sovrano. Con l’operazione del predellino (che infatti li per li fu accolta malissimo tanto da Fini quanto dalla sua base, con tanto di platea fischiante contro Cicchitto) Fini sapeva bene che da feudatario si sarebbe trasformato in cortigiano. Fu Veltroni, con la sua mossa coraggiosa e sorprendente di rompere ogni alleanza e correre da solo a mettere in gravi ambasce “l’uomo dei sondaggi”. Berlusconi sapeva bene che quella mossa audace, se lui invece si fosse presnetato con la solita pletora di partitini e il solito codazzo di capetti di periferia coi loro distinguo, avrebbe pagato tantissimo in termini elettorali, rischiando di trasformare una possibile vittoria plebiscitaria (che c’e’ stata) in una vittoria molto molto risicata. Fini, messo alle strette da questa evenienza, fece la sua scelta e oggi ne paga le conseguenze.
All’interno del PDL orma non conta più nulla, le fila dei suoi fedelissimi si assotigliano ogni giorno che passa. Berlusconi è stato capace di portare a bordo senatori dell’opposto schieramento politico, figurarsi quanto poco ci ha messo a far diventare propri pretoriani anche alcuni degli ex colonnelli di AN, in cambio di poltrone, prebende, collegi blindati per le elezioni e magari qualche amichetta sistemata a fare le soap operas.
In buona sostanza, tutte le critiche che da sinistra abbiamo sempre mosso con veemenza alla soligarchia berlusconesca, hanno trovato plateale conferma nell’emarginazione di un pezzo da novanta come Fini, anestetizzato in un ruolo istituzionale e sotto il fuoco di fila degli house organs di Sivlio.
Nel tentativo di salvare legislatura e poltrona ha aspettato a far scoppiare il bubbone dopo l’ultimo impegno elettorale fino al lungo periodo senza scadenze di voto che è iniziato con le regionali, ma, stiamo vedendo, è troppo tardi. I suoi fedelissimi ormai sono un piccolo ed esiguo gruppuscolo di deputati, per altro in gran parte terrorizzati dall’idea di finire come Follini, prima a capo di un micropartito irrilevante e poi come comparsette di un altro partito ancora (immagino tipo l’UDC o la Destra di Storace). Come Mussolini ha provato a far brillare al cielo “8 milioni di baionette ben affilate”, ben sapendo che le baionette di cui dispone sono davvero tante di meno. E, come se non bastasse, pure lo sberleffo di Feltri che titola a nove colonne “il ruggito del coniglio”, visto che dopo aver contato le truppe, il buon Gianfranco batte in ritirata.
Peggio per lui. Ha avuto tante e tante occasioni per staccare la spina al monarca, mentre il suo potere cresceva a dismisura, rintuzzando le critiche e in qualche modo ergendosi a garante. Quindi nessuna sponda, affondi anche lui, “con tutti i filistei”.
Fini è finito.Se fa veramente la terza via,cioè abbozza,come per altro dicevi tu, ha finito di essere un problema per il PdL,se andava via conservava un pò di dignità personale e nel medio periodo poteva anche raccattare qualche voto senza fare la fine di Follini..ci abbiamo creduto(poco) ma non è andata,a questo punto aspettiamo il 2013..