Ora, io capisco a stento la cosiddetta realpolitik, vale a dire il principio per cui si debbano chiedere e ottenere cose realistiche per poter aprire un terreno di dialogo con persone che, rispetto ai nostri parametri, si comportano in modo molto differente. Per dire se in Birmania cominciasse un periodo di democratizzazione, anche parziale, sarebbe un piccolo fiore in mezzo ai sassi da curare con ogni forza, senza dimenticare che è circondato dai sassi, ma lavorando perché cresca e prosperi. Quindi è chiaro che non è che si possa instaurare un dialogo con un governo birmano solo dopo che raggiunga gli standard di liberalità della Svezia o dell’Islanda. E non è che ci si lavi le mani dopo averle strette ad un qualche caudillo di quelle latitudini perché sporche di chissà quanto sangue.
Poi però ci sono i casi che infastidiscono, tipo non ricevere il Dalai Lama per non contrariare la Cina. Non riconoscere la Palestina per non contrariare Israele. O non nominare il genocidio Armeno per non fare incazzare la Turchia. Ora sulla Cina, pur considerando questo fatto una sconcezza, capisco anche che sia un mercato colossale, un’autentica miniera per il lavoro di tante nostre aziende, e quindi si abbozzi perché “pecunia non olet”. Ma nel caso di Israele e, ancora di più, della Turchia, sull’altare di cosa dovremmo abdicare a dei principi di democrazia, libertà e verità storica? Perché sono paesi alleati? Magari nella Nato? E sticazzi, come dicono a Roma, lo vogliamo aggiungere?
Per altro la più importante democrazia del mondo, gli USA, è nata sul sangue dell’olocausto degli amerindi, e per un accidente del destino ha visto prevalere i nordisti sui sudisti favorevoli alla segregazione e allo schiavismo. E si parla di meno di due secoli fa. Noi italiani abbiamo compiuto dei massacri orribili al gusto di iprite nelle nostre sciagurate avventure coloniali, e la proporzione di questi massacri è inferiore a quella degli armeni in Anatolia solo perché non avevamo i mezzi e perché “giocavamo fuori casa”. Inferiore ma certo non meno grave. Si fanno degli sbagli, ci si fanno i conti, e si trae l’insegnamento per non farli più.
[1] so che è una leggenda metropolitana che mettano la testa sottoterra, ma ormai è un modo di dire consolidato
La nota [1] non ha nessun collegamento col contenuto del testo… probabilmente hai cambiato parte del testo facendo revisione e hai dimenticato di cancellarla.