Ma quale rivoluzionario
In Italia c’era ”quasi una guerra civile. Se me l’avessero ordinato, avrei ucciso. Per fortuna cio’ non e’ mai successo, e non ho mai pensato fosse una via d’uscita”: lo afferma Cesare Battisti in un’intervista ad un quotidiano brasiliano. ”La rivoluzione oggi e’ uno scherzo. Avevo 16 anni quando sono entrato nella militanza, non sono piu’ la stessa persona. Se oggi continuassi ad essere un rivoluzionario sarei un idiota”, ha aggiunto. “Quando iniziano a uccidere il tuo migliore amico, e hai 20 anni, reagisci con le armi: proprio quella è stata la strategia dei regimi e dei poteri dell’epoca”. segue su Corriere.it
Direi che è ora di mettere le cose in chiaro e sbugiardare quest’ometto che parla solo con i giornalisti brasiliani, perchè naturalmente loro non conoscono la storia e si bevono tutte le fandonie. Ma quali sedici anni, Battisti entrò nei proletari armati per il comunismo nel 1977 quindi di anni ne aveva ventitrè. Fu decisivo l’incontro nel carcere di Frosinone con Arrigo Cavallina, ideologo del gruppo. Prima di allora Battisti si era distinto per atti di teppismo e poi per due rapine: a Frascati e a Sabaudia. Piccolo bandito, altro che rivoluzionario. E ne aveva ventiquattro quando cominciò l’attività di terrorista. Prima uccidendo direttamente, insieme alla complice Enrica Migliorati, il maresciallo Santoro, poi organizzando l’omicidio Torreggiani e successivamente facendo da copertura armata nell’assassinio di Sabbadin al killer Diego Giacomini, infine partecipando in prima persona al gruppo di fuoco che uccise Campagna, agente della Digos. Due anni di sangue, poi una vita in fuga a cominciare dal 1981: Francia, Messico, ancora Francia e infine Brasile. Sempre piagnucolando, e senza mai chiedere perdono.