Mi sono già espresso favorevolmente in passato rispetto all’opportunità di candidare condannati in Parlamento. Io credo che sia meglio non candidarli, per non arrecare disdoro alle istituzioni (che certo non ne hanno bisogno) e per non caricare i procedimenti giudiziari che li riguardano di un retrogusto politico (“sono un perseguitato”). Detto questo ci sono casi e casi e comunque sono sempre gli elettori che in ultimo decidono chi votare e chi no. Se votano dei mascalzoni e dei pregiudicati è tanto peggio per tutti, ma la democrazia pretende anche questi costi. Meglio, più della democrazia, il suffragio universale.
Non bisogna nemmeno dimenticare che lo sfacelo odierno è figlio in grossa parte delle campagne garantiste, per quanto fossero genuine come la mozzarella che fanno in Cina, dei “giornalisti” e parlamentari della destra, che dovevano dare una veste presentabile alla difesa del fortino del loro datore di lavoro e padrone, impelagato in mille pasticci legali.
Probabilmente la sua dipartita politica potrebbe bonificare naturalmente il dibattito da questa abnorme deformazione instillata nell’opinoine pubblica per cui se uno è un mascalzone ce lo dobbiamo sentir dire dalla Cassazione.
Dice bene Piercamillo Davigo: “se uno viene in casa mia e ruba le posate, poi magari la magistratura lo assolve perchè magari è un poveraccio spinto da bisogno estremo o è un cleptomane o perchè forse non si trovano le prove che effettivamente le posate se le sia messe in tasca da solo. Detto questo io a cena non lo invito più”.
Quindi vale il principio che uno che non è mai stato condannato, come Scajola, non lo candiderei nemmeno a sindaco del paesino, mentre uno come Maroni, per quanto giudicato in terzo grado, visto il tipo di condanna, non credo arrechi disdoro o danno al Parlamento per il fatto di farne parte. Ha sbagliato, ha pagato. Fine.
Aggiungo che con gli scandali che hanno toccato Scajola, da quello delle tangenti del Casinò, a quello della casa, alla responsabilità per il G8, a Finmeccanica eccetera, sorvolando sulla infelice battuta su un defunto per terrorismo, in un paese di quelli che si fanno i risolini alle nostre spalle, sarebbe stato espunto dalla vita politica da anni, senza bisogno della Cassazione.
Il fatto che si giunga a questi estremi è colpa in prima istanza di Vespa e Minzolini e in seconda istanza degli elettori che dando loro retta votano per personaggi di più che dubbia reputazione.
Ricordo sempre l’emblematico caso Cuffaro. Che fosse o no mafioso, che avesse o no spifferato con dolo o con colpa delle intercettazioni in casa Guttadauro, essere corresponsabile di aver mandato a monte una decisiva indagine antimafia sarebbe costata la sua testa a prescindere da qualunque iniziativa giudiziaria in un paese “normale” e “civile”. E oggi costerebbe la testa a Casini che lo ha difeso a spda tratta. Invece ce lo siamo dovuti subire in Parlamento e nelle istituzioni per anni sentendoci dire “è innocente fino al terzo grado”. E oggi che il terzo grado è arrivato ce la dovremmo prendere con un uomo che sta nelle patrie galere e che merita per questo la pietà e il rispetto e la speranza che esca rinnovato e restituito alla società civile cosciente del male che le ha procurato coi suoi comportamenti.
La legge è quindi, purtroppo, un male necessario, speriamo temporaneo, in attesa di ristabilire una normale e dignitosa catena democratica.