Fino a una decina di anni fa, parlando di occupazione, spesso dicevo che la disoccupazione di fatto non c’era (io vivo in una grande città del Nord quindi da questo punto di vista sono favorito) perchè nessuno di quelli (e non sono pochi) che conoscevo, lavoravano tutti. C’era qualcuno che non si accontentava del primo posto che capitava a tiro e magari ci metteva di più, e poi c’erano i perdigiorno cronici, quelli che ne hanno per il belino di lavorare.
Il tasso di inoccupazione che potevo registrare io era zero per cento. Chiunque cercasse un lavoro a condizione di accontentarsi un pochino qualche volta, lo trovava.
Oggi invece mi trovo nella situazione di dover constatare che chi aveva un lavoro in qualche caso l’ha perso, e non riesce più a rientare, alcuni lo hanno ancora ma fanno CIG a rotazione o ferie forzate. Quasi la totalità di chi entra nel mondo del lavoro lo fa con dei contratti a zero garanzie e al primo refolo di vento prende la porta.
Certo io non sono un campione statistico attendibile, le persone che conosco e frequento fanno più o meno tutte parte dello stesso censo e gruppo sociale. E’ pur vero che posso toccare con mano un declino vistoso e, sembra, inesorabile.
Ieri facevo la considerazione con un amico che sta per cambiare lavoro, per cercare di guadagnare due euro in più e magari fare un po’ di carriera, che in questo momento sono molto più preoccupato di perdere quello che ho di quanto abbia voglia di progredire. Anche questo è un segno dei tempi bui.