Io sono d’accordo con Monti, cambiare lavoro è una cosa che fa crescere che ti rimette in discussione, non ti fa sedere sugli allori. Io ho iniziato a lavorare nel 1994 e sono al quinto datore di lavoro. Quello attuale, dal 2005, rappresenta il mio record di durata.
Detto questo io però ho sempre cambiato di mia iniziativa nel tentativo di migliorare. Invece, per esempio, il mio migliore amico è stato lasciato a casa ad Agosto per la crisi e ancora non si è ricollocato nel mercato del lavoro (il suo settore è in crisi nera e a 37 anni è dura rimettersi in gioco in un settore diverso). Anche qui, non ci sarebbe niente di drammetico, se oltre al sostegno per qualche mese di chi perde il lavoro i redditi fossero tali per cui lavorando uno si può mettere via qualche risparmio e magari farsi un’assicurazione contro l’evenienza della perdita del posto.
Invece i salari sono talmente all’osso che è già abbastanza dura così, figurarsi mettere via qualcosa.
Noi abbiamo fatto un po’ di gruzzoletto perchè sapevamo che, arrivati due figli, con lo *ZERO* aiuto pubblico di cui godiamo, avremmo avuto bisogno di un sostegno al reddito e ce lo siamo fatti da soli.
Il tutto però a costo di rinunciare a ferie, pizze, svaghi e uscite, limando il limabile dal superfluo.
E io, per fortuna, sono già in una fascia di reddito appena sopra quelle standard da impiegato.
Quindi, sta bene la mobilità del lavoro e magari abituarsi a seguire l’economia per andare in segmenti dove le cose vanno meglio in quel momento, però dateci anche i dannati strumenti per farlo senza rischiare di finire sotto al ponte.