Una delle poche cose a cui servono i mondiali di calcio, oltre a regalare qualche sera di birre e cazzeggio con gli amici, oltre a dare ottimi spunti per discussioni che spaziano dai minimi ai massimi sistemi del Mondo, è quello di dare alle estati in cui si svolgono una sorta di pietra miliare nella memoria di ciascuno per poter fare da coordinate temporali. “Era l’anno in cui l’Argentina perdeva il mondiale con la formidabile Germania di Muller e Ozil”.
Quest’anno per via delle solite incombenze da padre quasiquarantenne, traslochi e cazzi vari, ho potuto vedere pochissime partite ma credo comunque che quando fra qualche anno ripenseremo all’estate del cambio di casa, ci verrà in mente che “era l’estate dei mondiali in Brasile” e sarà molto facile ricollocarla nella time line delle nostre vite.
Il retrogusto amaro di tutto questo però è che il ripercorrere i mondiali passati, mim ha fatto ripensare alle mie estati spensierate da studente, quando, salvo rimandature a settembre, la mia preoccupazione unica dall’ultimo al primo giorno di scuola, era trovare qualcosa da fare per divertirmi, rimorchiare (che lo metto dopo in graduatoria solo perchè la prima cosa mi riusciva assai bene e la seconda molto molto meno) e ripararmi dal sol leone.
Stamattina guardando il calendario mi sono accorto che è metà Luglio, da ragazzino avrei patito questa data come il segno che il primo mese del mio periodo franco era già stato incenerito dalle zanzare.
Invece oggi, complice anche il tempo balordo, mi ha fatto quasi strano rendermi conto che l’Estate ha già compiuto così tanti passi verso il suo culmine, Ferragosto, che segna l’inizio della fine e la discesa verso la routine.
Ricordo ai tempi della scuola che i primi giorni di settembre sorgeva in me la voglia di tornare a scuola, di rivedere i miei amici, raccontar loro delle mie scorribande e delle mie vacue serate estive, pensando che avrei avuto da parlar per giorni, mentre infine tutto collassava in pochi minuti e qualche risata, prima di rientrare nei ranghi della routine invernale, in cui l’Estate quasi per una forma reverenziale, veniva menzionata il meno possibile.
Dio solo sa cosa darei per rivivere una di quelle estati spensierate e riassaporare quella mistica venerazione che avevo per la stagione del cazzeggio, per riprovare la crescente aspettativa per “la prossima estate” quando sarebbe dovuto succedere di tutto, sarei stato un anno più grande e chissà che robe che avrei fatto…
Ogni tratto della nostra vita ha i suoi colori e i suoi profumi, di certo la giovinezza ha il nero dell’ardesia delle lavagne e l’odore del gesso e dei cancellini, il rumore dei registri e dei campanelli dell’ora, ma anche il giallo violento del sole, il blu del mare, il marroncino mogano dell’abbronzatura e, almeno nel mio caso, il rosso bruno dello sciroppo di amarena, che d’estate è tuttora la mia bevanda cult.
Ora che ci penso, saranno forse 20 anni che non salgo su una bicicletta.
Direi che stai invecchiando 😉
Vecchio mio, mi sa che sono bello che invecchiato, ahinoi 🙂
Sniff 🙂
mi “delurko” (come si diceva un tempo) per complimentarmi per il post e per dirti che ultimamente a zena si vedono circolare un sacco di biciclette (e non ne avevo viste per 45 anni).
in tempo di crisi pedalare fa bene anche al portafogli.
Avevo letto tempo fa un articolo che dalla caduta dell’URSS che riforniva di carburanti Cuba, gli isolani si sono trovati immersi in una austerity de facto, fino a che almeno il Venezuela chavista non ha ricominciato a guardare più volentieri l’Avana che Washington. In questo ventennio i cubani hanno girato praticamente solo a piedi ed in bicicletta, avendo in cambio fisici statuari e l’abbattimento di tutta una serie di patologie legate alla vita sedentaria, l’eccesso di cibo ecc….
Magari il lato positivo della crisi sarà che pure da noi le pancette inizieranno a ridursi di volume 🙂