La premessa doverosa è che non sono un economista, quindi è abbastanza ovvio che quel che sto per scrivere potrebbe essere una colossale sciocchezza.
La prossima “manovra del popolo” vuoto per pieno investe 20-25 miliardi di euro in welfare, fra quota 100 e il cosiddetto Reddito di Cittadinanza (il quale in realtà è un sussidio di disoccupazione non dissimile dall’esistente REI).
In Italia il gettito dell’IVA è di circa 100 miliardi, qualcosa di più se si considera quella pagata dall’estero.
Ora io mi domandavo, se l’IVA passasse dal 22 al 15 per cento, anche ipotizzando a grana grossa che tutto il gettito arrivi da li (in realtà ci sono anche le aliquote al 4 al 10 e quella per il lusso) vorrebbe dire una riduzione del gettito del 25%, più o meno, che su 100 miliardi fanno 25, quelli che il Governo del Cambiamento si appresta a buttare nel cess… ehm… ad investire su RdC e Quota 100.
Abbassare l’IVA avrebbe due effetti fantastici. Il primo quello di incrementare i consumi, quindi il PIL e quindi l’occupazione.
La seconda di abbassare sensibilmente l’asticella entro cui si è considerati poveri assoluti, visto che moltissimi beni potrebbero essere comprati con meno denari. E’ vero, sarebbe una riforma non progressiva, anzi, perché chi più ha soldi potrebbe comprare ancora più cose, ma alla fine in questo momento credo che una delle massime priorità sia far ripartire l’economia per garantire a quante più persone possibile occupazione e benessere.
Fra l’altro il taglio dell’IVA che corrisponda ad un taglio equivalente di gettito è evidentemente falso, perché l’incremento dei consumi compenserebbe in larga parte il minor gettito.
C’è sicuramente qualcosa che mi sfugge.