Molti pensano che la fine del berlusconismo del quale si sentono in queste ore i sinistri rintocchi di campare a morto sengerà l’inizio di una nuova alba, di un nuovo radioso periodo di rinascita. In parte lo speriamo, ma la cruda realtà dice altro. In primo luogo, l’Italia era un paese in declino già agli albori della venuta dell’uomo di Arcore. Anzi, proprio per questo lui ha avuto maggior appeal di altri, si sperava che come un Re Mida propagasse la propria fortuna a quella della nazione. Oggi il declino è acutissimo, difficile dire se Berlusconi si sia limitato a non impedirlo abbia addirittura provveduto ad accuirlo.
Certamente per invertire questa tendenza ci vorrebbe ben altro che il buon Bersani, che è un uomo capace e intelligente, ma del quale tendiamo ad accontentarci perchè è soprattutto una persona per bene. Se verrà chiamato a misurarsi con questi problemi, vedremo quale sarà la sua statura.
L’altro problema grave che si profila all’orizzonte è che, questo centrodestra agonizzante, fase nella quale verrebbe decapitato il leader che lo ha portato al declino per sostituirlo con un giovane rampante, sembra invece destinato alla putrescenza e al disfacimento prima che qualcuno riesca a far nascere qualcosa di nuovo dalle sue ceneri.
In 17 anni non è nato un partito, ma un feudo. Fatto di vassalli e valvassori. Di cortigiane che come novelle Pompadour hanno scalato posizioni per arrivare a vivere della luce riflessa del monarca. Dopo di questo ci sarà la rivoluzione francese. I rivoluzionari cominceranno a tagliare teste, sempre più accanitamente e dissenatamente. Mentre Dio solo sa quanto avremmo bisogno di un partito conservatore, moderato, istituzionale, europeista e legalista che si proponga come alternativa ad un centrosinistra progressista, ecologista e solidale. La nobile alternanza.
Purtroppo il virus Berlusconi ci ha immesso nelle vene talmente tante tossine da far fatica ad immaginare una prognosi. Di quelle che ci ha introdotto il Duce, ancora fatichiamo a liberarci del tutto.