La prima cosa che mi viene voglia di commentare, riguarda un evento che quasi quotidianamente ognuno di noi fa, ovvero il rifornimento di carburante nel proprio mezzo di trasporto. Dall’inizio della seconda guerra del Golfo, data in cui il petrolio costava 18 dollari al barile, il prezzo si e’ quasi decuplicato, arrivando a superare i 120 dollari, con previsioni a un anno di sfondare i 200. Da qui l’odierno sforamento della ‘verde’ ad oltre 1,5 euro per litro.
Tutto questo e’ legato ad una teoria formulata negli anni ’60 da un geologo, Marion King Hubbert che, partendo dai dati sullo sfruttamento del carbone in Pennsylvania, stabili’ con alcune equazioni teoriche, che a inizio anni ’70, gli USA, fino a quel momento esportatori di olio greggio, avrebbero raggiunto il picco di produzione, ovvero il vertice della curva in cui il costo (energetico) di estrazione rispetto al valore (energetico) dell’estratto, avrebbe iniziato ad aumentare dopo un lungo periodo di riduzione. Questo schema e’ applicabile a tutte le risorse non rinnovabili, o anche, come nel caso del petrolio, rinnovabili in tempi non confrontabili con la richiesta di consumo.
La crisi petrolifera degli anni ’70, si tradusse per esempio in Italia nel famoso periodo di austerita’, visto che a livello globale si perse un esportatore, ovvero gli Stati Uniti e si introdusse un consumatore (e che consumatore) facendo lievitare in modo esorbitante il costo dato, come in ogni mercato, da domanda e offerta.
In questo momento e’ molto difficile stabilire se siamo o no nel picco di produzione mondiale, intanto perche’ le compagnie petrolifere sono molto gelose dei dati relativi alle proprie riserve (dato che, se reso pubblico, impedirebbe loro di poter speculare come fanno, aprendo o chiudendo i rubinetti) e poi perche’ da qualche tempo e’ possibile considerare riserva anche uno scisto bituminoso, vale a dire una pozza piena di bitume (i geologi mi scuseranno per il termine grezzo) da cui e’ possibile estrarre appunto bitume, da cui il petrolio, usando pero’ un procedimento molto dispendioso in termini energetici, cosa che ci riporta effettivamente al concetto di ‘picco’.
Quello che e’ incontrovertibile invece e’ che il prezzo del barile, dopo l’entrata in scena di due superpotenze assetate di energia come Cina e India ha sbilanciato il rapporto domanda offerta in modo da far precipitare vertiginosamente la bilancia energetica italiano a un deficit mai visto.
La proposta per uscire da questo [i]cul de sac[/i] all’ordine del giorno del governo sembra essere essenzialmente una: centrali nucleari.
Ora, levando di mezzo considerazioni ideologiche sull’opportunita’, le centrali nucleari funzionano usando l’uranio che, come il petrolio, e’ soggetto al picco, e pare che anche di questo non e’ che ce ne sia tanto da suggerire un investimento cosi’ oneroso (e in perdita), per di piu’ anche le centrali a reattori autofertilizzanti, come il celebre Superfhenix, dopo un iniziale entusiasmo, sembrano anch’esse poco sfruttabili (tant’e’ che il Superfhenix e’ chiuso e inoperante dopo anni di vicisitudini anche legali).
Lascio alcuni links dell’ottima Wiki consultabili su vari aspetti che ho affrontato come:
http://it.wikipedia.org/wiki/Picco_di_Hubbert
http://it.wikipedia.org/wiki/Reattore_nucleare_veloce_autofertilizzante
http://it.wikipedia.org/wiki/Scisto_bituminoso
http://it.wikipedia.org/wiki/Superph%C3%A9nix