Stamattina sono stato alle esequie di un mio amico di infanzia, Fabietto.
Era mio coetaneo, nato pochi mesi prima di me, ad Aprile. Un uomo con una storia sfortunata, era rimasto orfano di madre da ragazzino (cancro) e pochi anni dopo suo padre, che non era mai riuscito a superare il dolore di quella perdita, si impiccò con la cintura alla ringhiera di casa.
Viveva nel paese di mia madre, dove ho trascorso tutte le estati della mia vita, in una bella casa bianca in fondo al paese, coi suoi cani. Dopo la morte del padre si era preso un bellissimo cane corso, di nome Ares, alla cui morte erano succeduti altri cani della stessa razza.
Stamattina nella piccola chiesetta del paese vegliavano la bara, con lo sguardo triste e spaesato.
Da bambini eravamo stati molto amici, facevamo assieme i chierichetti nella parrocchia del paese ed essendo coetanei in un piccolo paese era quasi obbligatorio essere amici. Poi le cose della vita ci hanno portato a frequentare persone diverse. Lui era rimasto scapolo, io mi sono fatto famiglia. In più se io ultimamente frequento poco la vita di paese, lui non la frequentava più per niente. Era un camallo, come lo era stato suo padre. Al funerale c’erano tutti i suoi amici della CULMV con la loro bandiera a mezz’asta.
Un nostro comune amico, che nel paese vive e fa il falegname, ha fatto un’orazione funebre molto toccante, e ha letto una poesia bellissima, di Cesar Vallejo, Gli Araldi Neri.
Gli araldi neri
Ci sono colpi nella vita, così forti… Io non so!
Colpi come dell’odio di Dio; come se di fronte ad essi
la risacca di tutto il sofferto
ristagnasse nell’anima… Io non so!
Sono pochi; però sono… Aprono scuri solchi
sul volto più fiero e sul dorso più forte.
Saranno forse i puledri dei barbari Attila;
o gli araldi neri che ci manda la Morte.
Sono le cadute profonde dei Cristi dell’anima,
di qualche fede da adorare che il Destino blasfema.
Questi colpi sanguinosi sono le crepitazioni
di qualche pane che nella porta del forno ci si brucia.
E l’uomo… Povero… povero! Gira gli occhi, come
quando sopra la spalla ci chiama una manata;
gira gli occhi folli, e tutto il vissuto
ristagna, come pozzo di colpa, nello sguardo.
Ci sono colpi nella vita, così forti… Io non so!