Dopo che Obama ha incassato con qualche imbarazzo l’appoggio di Fidel Castro, ora tocca a McCain, via G.W.Bush, ricevere l’endorsement di Silvio Berlusconi che ha detto che “la Storia lo definirà un grandissimo presidente”. In una campagna elettorale americana tutta incentrata sulla discontinuità sulla politica estera prima e sulla gestione della crisi ora, appoggiare Bush significa, implicitamente, appoggiare McCain. Cosa che per altro, il presidente del consiglio aveva già fatto e in modo esplicito.
Anche in questo caso bisogna sottolineare un problema di forma e uno di sostanza. Berlusconi, leader della destra italiana, è abbastanza fisiologico sostenga il candidato della destra USA. Però oggi Berlusconi non è solo il leader della destra, ma anche (ahinoi) il capo del nostro governo, quindi rappresenta (dovrebbe farlo) tutti quanti. L’appoggio di Berlusconi a uno dei due candidati equivale all’appoggio (per altro insignificante in termini strettamente elettorali) di tutta l’Italia. Non solo, il fatto di essere schierato col cavallo dato perdente, anche in termini di realpolitik, significa adombrare i futuri rapporti con Washington nel caso (auspicabile) che sia invece Obama a spuntarla nella corsa alla Casa Bianca.
A dire la verità non so quanto questo voglia dire appoggiare McCain, dato che il punto più battuto della sua campagna elettorale è il fatto che lui sia un “maverick” — che Bush sia stato un grande presidente lo crede solo BS. Anche tra i repubblicani, è comune la convinzione che Bush sia stato il peggior presidente almeno dai tempi di Nixon ad ora.
Ma d’altronde, queste cose le dice il peggior presidente del consiglio dai tempi di Mussolini…