Queste elezioni politiche sono terminate come più o meno come ci si aspettava, con un’affermazione di Lega e 5 Stelle, anche se forse non in queste proporzioni. Soprattutto era difficile prevedere un tracollo verticale del Partito Democratico, che ha subito una punizione elettorale molto severa, molto al di la dei suoi demeriti secondo me. Fra l’altro lo scivolamento verso il basso del PD non è stato compensato da una crescita di qualcosa alla sua sinistra, ma c’e’ stata un’esondazione verso i partiti populisti.
Una delle cause di tutto questo è da ricercare anche nelle posizioni timidamente europeiste dei partiti più moderati, come PD e FI, che sentendo arrivare quest’onda hanno provato a mettersela in poppa, riuscendo nello spettacolare risultato di alimentare le pulsioni antieuropee e di non intercettare nessun voto di quel pensiero mainstream secondo cui l’Europa dei burocrati e dell’austerità è la causa di tutti i mali. I politici italiani hanno spesso nascosto le proprie incapacità e la propria debolezza dietro delle frasette di rito, degli slogan vuoti, come “ce lo chiede l’Europa” “è colpa dell’Europa” e via così. Ignorando che altre nazioni europee, dentro le regole che ci siamo dati tutti quanti, prosperano. E dimenticando che alcune regole capestro le abbiamo dovute accettare obtorto collo per la situazione economica dentro cui eravamo finiti, con un debito pubblico stellare.
Il risultato delle elezioni porta poi ad una considerazione banale, la legge Rosato, l’attuale legge elettorale, è una spazzatura. Io credo che il primo compito di questa legislatura, che si annuncia singolarmente breve, dovrebbe essere quello di riscrivere la legge elettorale e fare qualche riforma, essere una legislatura finalmente costituente, che dia il via alla Terza Repubblica.
Nell’impossibilità di formare un governo (non voglio pensare che il PD prosegua nella sua vocazione suicida andando ad appoggiare un governo 5 Stelle, fatto da gente che quando Bersani chiese lo stesso aiuto che chiedono loro rispose con l’insolenza e le pernacchie) bisognerebbe mandare avanti il governo Gentiloni non solo in ordinaria amministrazione, ma con una bella fiducia dell’intero parlamento, che dovrebbe appunto avere una vocazione costituente e riformista e durare un anno o poco più. Una fiducia che servierebbe ad avere un governo pienamente legittimato nei difficili bivi che attendono la politica in questi mesi, a partire dall’annuncio dei dazi di Trump e dal fatto che Macron e Merchel rafforzano sempre di più l’asse franco-tedesco, dal quale rischiamo di restare tagliati fuori e di vedere gli altri che danno le carte.
In assenza (probabile) di questa volontà, io spero che il PD eviti accuratamente alcun accordo con chichessia che non sia appunto un accordo costituente bipartisan, perché appoggiare esternamente un governo 5 Stelle significherebbe lasciare a loro ogni eventuale merito per dei buoni risultati e diventare il capro espiatorio di qualunque insuccesso. Se volessero mettere in pista il reddito di cittadinanza, per esempio, senza coperture, che dovrebbe fare il PD? Appoggiare la proposta e diventare complice di un buco di bilancio che poi bisognerà sanare lacrime e sangue con il Monti di turno, oppure mettersi di traverso e diventare ancora di più il bersaglio degli strali e dei travasi di bile di quelli che votano i populisti e che chiamano gli elettori del PD “piddioti”?
Il pallino ora è in mano a Di Maio e Salvini. Se c’e’ qualcuno che deve assumersi la responsabilità di un accordo per fare un governo sono loro due.