Sto leggendo questo libro (ho quasi terminato) e l’ho trovato davvero magnifico. Offre uno squarcio su un pezzo d’America poco conosciuto (almeno credo, io per esempio non lo conoscevo) quello degli “hillbilly” ovvero “i montanari” che sono scesi dalle colline del Kentucky e di altri stati di montagna per andare nelle città, magari città come questa Middletown costruite attorno ad una industria (nella fattispecie le acciaerie Armco). Una storia che ricorda molto i nostri meridionali che salivano a lavorare alla Fiat o alla Falk.
Gente che sognava di fuggire alla povertà e che in parte ci sarebbe anche riuscita, salvo portarsi dietro un retaggio comportamentale e culturale che non li ha mai abbandonati.
Una punto di vista lacerante, spietato e a tratti struggente di un pezzo di America che ha rivolto lo sguardo a Trump. Un pezzo di America non esente da colpe, diverse però da quelle che una persona istruita e liberal potrebbe imputare loro (essere ignoranti, rozzi, razzisti…), ma principalmente di autocommiserazione e di deresponsabilizzazione assoluta. Persone con vite che colano a picco ma che non fanno niente per tentare di impedirlo e, anzi, spesso, indulgono in comportamenti antisociali come la violenza domestica, l’abusto di alcool e droghe che accelerano questo processo autodistruttivo ed emarginante. E che soprattutto non si fanno una colpa delle scelte scellerate che li portano verso l’abisso.
E’ la storia di un ragazzo che ce l’ha fatta perché ha avuto in sua nonna, una rozza e a tratti urticante hillbilly del Kentucky, una severa e saggia guida verso l’uscita da questo tunnel che a tratti avrebbe potuto travolgere anche l’autore.
Una lettura che consiglio caldamente.