Come quasi inevitabile corollario alle vicende tangentistico-sessuali dei guai berltolasiani si è acceso un dibattito sulla gestione dell’emergenza terremoto in quel de L’Aquila. A sinistra c’e’ una forte tentazione di cavalcare questa protesta, tanto per dimostrare che i proclami superomistici di Ber&Ber, dei vari miracoli di cartapesta di cui si sono riempiti la bocca, altro non sono, appunto, che spot elettorali da peracottari.
Per quel poco che vale il mio parere io penso quanto segue. Si è fatta una scelta, se ne potevano fare altre. Come ogni scelta arbitraria ha vantaggi e svantaggi. Rispetto alla scelta che si è fatta, secondo me il risultato e i suoi tempi sono stati più che buoni. Si poteva dire: state nelle tende o nei moduli abitativi temporanei, i famigerati “container” da sfollato e nel frattempo, con tutte le lungaggini ed i problemi che comporta, cerchiamo di rimettere in sesta il centro storico e le case rese inagibili dal sisma. Oppure, come è stato fatto, dare priorità assoluta all’assegnare un tetto con dignità di casa a chi era rimasto senza, magari lasciando indietro la rimozione delle macerie e la ricostruzione di palazzi storici e antichi, con pochissima resistenza sismica.
Adeguarli, con tutti i vincoli che ci sono per i palazzi di valore e interesse storico e magari sottoposti a vincoli, avrebbe comportato tempi ed oneri molto maggiori che fare palazzine in serie fuori città. Non sono un tecnico per poter dire se la scelta fosse inevitabilmente la migliore. Da cittadino, a pelle, non me ne posso lamentare più di tanto.
Di converso, cercare consenso sulla pelle di povera gente disperata per aver perso la casa, sopratutto in una nazione come l’Italia dove quasi tutti possiedono una casa e dove l’idea diffusa è: “se ho una casa mia, qualunque cosa succeda, mi resta sempre un tetto sopra la testa”, è un’affilatissima arma a doppio taglio. Tanto più genera consenso il fatto di soddisfare con solerzia questo bisogno primario, culturale e sociale, tanto più genera dissenso venire a sapere di speculazioni o vedere gli aquilani che girano inferociti per il cumulo di macerie che è oggi il centro della loro magnifica città.
E’ ovvio e normale che, passata l’ondata dell’emergenza, gli aquilani anelino normalità, fatta di lavoro, di passeggiate in centro a prendersi il gelato, di vita così come l’avevano lasciata prima del terremoto. E’ altrettanto ovvio che a tanto maggiore chiasso mediatico e squilli di trombe dei vari camerieri di testata corrisponda tanta maggiore esacerbazione degli animi in chi vede disatteso tutto questo can can.
Quindi in sintesi, tanto penso che l’emergenza sia stata gestita bene e con solerzia, ma senza miracoli, altrettanto penso che gridare al miracolo e consegnare le case e le scuole in diretta tv con tanto di sottofondo struggente di archi e fiati, porti poi al risultato nefasto che anche quello di buono che si è fatto finisca nel tritacarne dell’incazzatura di chi non vede concretizzarsi i miracoli sbandierati.
Come in tutte le cose ci vorrebbe molta più sobrietà e molto più rispetto di chi vive una tragedia come il terremoto, in cui si perdone persone care e cose care, ed evitare di farlo diventare terreno per gli spot eletteorali. Schroeder, dato per decotto, vinse delle elezioni in cui era destinato alla sconfitta, per aver saputo gestire bene, ma senza spot e coinvolgendo i suoi avversari, le alluvioni che colpirono la Germania. Certo noi non siamo tedeschi, però quello è il segno che anche senza caricarle di enfasi le cose fatte bene, sopratutto quando di mezzo c’e’ la sofferenza e il dramma delle persone, vengono tenute nel giusto conto da chi giudica l’operato di un politico.
Infine una considerazione sulla gestione degli appalti “di emergenza” quando non ci sono emergenze. La Bresso sottolineava con una punta di giusto orgoglio che, sapendo da anni che Torino avrebbe ospitato le Olimpiadi invernali, hanno costruito tutte le infrastrutture e realizzato tutte le opere perfettamente in tempo e senza bisogno di nessuna procedura speciale o commissario.
Scavalcare le regole per fare in fretta davanti ad un terremoto o un’alluvione, è sensato. Farlo per i Mondiali di nuoto (con per altro il risultato degli atleti che si lamentano per il rumore dei lavori che non erano finiti nel mezzo delle gare) o per il 150mo dell’unità d’Italia è a dir poco ridicolo. Un terremoto arriva improvviso e crea un disastro.Le celebrazioni per i 150 dell’unità non sono un fatto inaspettato e improvviso, anzi. La data la conosciamo da centocinquantanni. Scavalcare le regole serve solo ai furbetti dell’appaltino.
beh, “perfettamente in tempo” non proprio, vedi la metropolitana.
Si, per l’amor di Dio, mica voglio dire che di colpo siamo diventato un Paese puntuale. Dico che le Olimpiadi di Torino sono state un grande successo e sui media canadesi si faceva un gran parlare del rischio di sfigurare. Le metropolitane poi, in Italia, sono il cantiere in ritardo per definizione. A Genova quella che nel 2012 dovrebbe arrivare a Brignole era prevista per le celebrazioni dei 500 anni della scoperta dell’America. Ovvero 20 anni prima.