Riprendo la discussione fatta poco sotto con .mau. per chiarire il mio pensiero.
Un po’ di storia. Alla fine degli anni ’90 c’erano svariati motori di ricerca a contendersi la scena: Yahoo, Altavista, Lycos e altri progetti nazionali, fra cui in Italia sipccava Virgilio. I nerd come me preferivano Altavista perché aveva una ricerca avanzata fine e perché era molto veloce a produrre risultati anche per ricerche abbastanza complesse. Poi arrivò Google, che in pochi anni sbaragliò la concorrenza, al punto da diventare monopolista de facto.
La chiave del successo di Google fu cambiare il criterio, semplificando all’estremo, che prima di lui i motori di ricerca si basavano per il ranking (ovvero per la posizione nella quale viene messo un risultato a partire da una determinata chiave di ricerca) che era quello che i siti medesimi dicevano di se stessi. La SEO (search engine optimization) era una scienza simile all’alchimia, nella quale si dovevano dosare tutta una serie di ingredienti del contenuto della pagina, in particolar modo le parti invisibili all’utente, per fare in modo che determinate parole chiave facessero punteggio per la ricerca.
Quindi in pratica se io sapevo (perché questo genere di statistiche sono pubbliche) che la chiave di ricerca più usata era “Pamela Anderson” (e all’epoca era così) cercavo di piazzarmi nelle prime pagine rispetto a quella ricerca anche se il mio sito vendeva filtri per carburatori.
Invece Google cambiò radicalmente la prospettiva. Basava il proprio criterio di indicizzazione su quello che la Rete diceva di un determinato sito. Per esempio se una pagina conteneva un link al sito X usando come collegamento ipertestuale “Pamela Anderson” questo produceva un certo punteggio del sito medesimo rispetto a quella ricerca. Ovviamente tento di banalizzare una scienza complessissima, ma all’osso la sostanza è questa.
Questo rovesciò completamente il tavolo, perchè la ricerca non poteva più essere oggetto di manipolazioni o di tentativi artificiosi di finire in una ricerca popolare anche senza avere alcuna attinenza con la chiave proposta. In realtà ci fu un tentativo di manipolazione che divenne famoso col nome di google bombing ma direi che a Mountain View sembrano aver trovato delle contromisure efficaci.
Da quel punto di vista in avanti le ricerche su Internet non sarebbero più state fatte a partire da chi si faceva cercare, ma da chi stava cercando. Il famoso tasto “Mi sento fortunato” fu una geniale trovata di marketing per sottolineare agli utenti di Google che le probabilità che quel che stessi cercando fosse nella prima pagina addirittura al primo posto erano altissime.
Tutto questo gioco però si incardina sul principio della neutralità. Google deve usare degli algoritmi e dei criteri di indicizzazione completamente neutrali. Capite bene che l’interesse del venditore di radiatori a finire in alto quando qualcuno cerca “radiatori” è altissimo, essere nella prima pagina dei risultati a partire da una data chiave è fondamentale, vista la consuetudine che ormai abbiamo acquisito con il “feelin lucky”.
E’ per questo che mi inorridisce l’idea che un giudice e\o un’autorità possa imporre a Google medesima cosa mettere o togliere nei risultati di una ricerca a partire da criteri arbitrari. Se cercando “Pino Scintilla” vengono fuori delle pagine che lo dileggiano, non è un problema di Google, a condizione che la ricerca sia neutrale e non viziata da qualche artificio.
Certo è più facile chiedere a Google di deindicizzare certi risultati piuttosto che far chiudere i tanti siti che dileggiano Pino Scintilla. Ma sarebbe come chiudere una sorgente d’acqua perchè l’acquedotto ha una perdita.
Google deve essere neutrale, e questa cosa deve essere vera sempre, anche quando il risultato di una ricerca conduce a posti che non vorremmo vedere, comprese cose gravemente illegali o immorali come la pedofilia o altro. Non è compito di Google decidere cosa deve restituire una query e, anzi, sarebbe proprio inpportuno chiederglielo, oltre che molto pericoloso.
Tutto bello, ma c’entra ben poco con il tema che ha originato la discussione. Tema originato, secondo il mio punto di vista, solamente dal titolo idiota che il quotidiano ligure ha dato a una notizia inesistente.
Non è che un imprenditore abbia “battuto” Google come Davide ha battuto Golia. Semplicemente -semplicissimamente- gli avvocati di un signore sono stati talmente scemi da adire un giudice per far fare a Google ciò che questi avrebbe fatto comunque in base alle proprie regole; ed essendo doppiamente scemi, ma ben introdotti, gli avvocati in questione sono anche riusciti a farsi un po’ di pubblicità su un giornale.
Quanto al giudice, egli non aveva alcuna scelta. Esiste un articolo del cpc, il 112, che sancisce uno dei principi fondamentali del nostro diritto processuale, vale a dire il divieto di ultrapetizione. Secondo tale principio, il giudice non ha alcun potere ufficioso sulla domanda o, detto in altre parole, può decidere _solo_ su ciò che viene chiesto, e non su altro. Se i legali hanno chiesto solo la rimozione dei link da google, il giudice deve pronunciare solo su quella richiesta: non può decidere se è una minchiata o meno: deve solo dire se quella richiesta è conforme o meno alla legge. E, nel caso specifico, vi possono essere mille motivi per cui un legale possa decidere di chiedere la sola rimozione da Google (fermo restando che sarebbe stato più semplice rivolgersi direttamente al Grande Oracolo).
Oltre alla spiega più semplice (gli avvocati sono ignoranti) ve ne sono infatti svariate altre. Coinvolgere i tenutari dei siti diffamanti può voler dire creare un litisconsorzio con decine di parti, probabilmente tra queste variate straniere, e pertanto moltiplicare esponenzialmente i temi e i costi per una decisione. A qual fine poi, dato che il 99% delle ricerche passa da Google? Ed ecco allora che, oltre al legale ignorante, anche quello accorto sa che serve molto meglio il proprio cliente facendo rimuovere i link piuttosto che facendo rimuovere le pagine.
Ecco appunto, quello che dici è esattamente quel che dico io: agli avvocati faceva comodo citare Google perché è meglio sparare ad un solo orso che a cento lepri. Però un giudice dovrebbe emettere sentenze sulla base dell’interesse collettivo e stando ben attento a non creare giurisprudenza pericolosa. Google è responsabile di quei contenuti? Il motivo per cui quei contenuti arrivano nelle posizioni alte del ranking è legittimo oppure si tratta di una manipolazione? Se la riposta a queste domande è quella ovvia, Google non ha responsabilità e gli avvocati di Tizio si devono armare di santa pazienza e fare cento richieste di rettifica ai cento siti che diffamano il loro cliente. Questo intendo dire dall’inizio.
Versione breve: “no”.
Versione lunga: Google concorre nell’illecito (spero che sia chiaro il termine “concorre”, altrimenti devo poi attaccare il pippone per spiegarlo), e quindi la parte danneggiata ha chiesto che si attivasse per smettere di concorrervi.
Non è che il giudice abbia creato una giurisprudenza pericolosa: lo avrebbe fatto se, di fronte a un innegabile concorso, avesse negato la tutela prevista dalla legge. E’ lo stesso principio per cui se un gruppo di teppisti ti sfascia la macchina, tu puoi chiedere il risarcimento a uno qualsiasi di loro, e non a ciascuno per quote.
Non è che le regole valgano per tutti e non per Google.
Perdonami, ma è proprio sull’aggettivo “innegabile” rispetto al presunto concorso di Google che io dissent nel modo più tassativo.
Se io costruisco una strada e poi su questa strada ci vanno tanto I cittadini per bene quanto I delinquent che scappano dalla polizia dopo una rapina, io sarei in “innegabile concorso” coi deliquenti? Google indicizza le pagine secondo un criterio uguale per tutti e, si spera, neutral. Indicizza gente che fa i siti di ricette , fuffaroli e, inevitabilmente, diffamatori. La colpa dei contenuti è di chi li produce. Google è e deve rimanere neutrale rispetto a quell che si cerca.
Se no il criterio, pericolosissimo, è che domani vietino di indicizzare i siti torrent o, ancora peggio, i siti che in un determinato paese parlano male del premier di turno.
Il concorso non è per nulla “innegabile”. Dal mio punto di vista non c’e’ alcun concorso.
Io non conosco gli articoli di legge al proposito, però mi pare che il tuo paragone con la strada non regga.
Sulla strada tu non sai a priori che ci passeranno anche dei delinquenti.
Su un motore di ricerca sai a priori, prima di renderlo disponibile, che ci passerà di tutto.