Onestamente non sono molto d’accordo sul regolamento che prevede l’obbligo di certificazione per i bilanci dei partiti. So che è una cosa impopolare, soprattutto di questi tempi, ma resto fermo della mia idea.I partiti sono organi costituzionali, che hanno la funzione di aggregare le persone per l’esercizio della democrazia. Noi ne vediamo una versione corrotta, decomposta, marcia. Ma nella realtà potrebbero essere i luoghi della massima espressione della res publica, case di vetro dove i cittadini partecipano alla costruzione della cosa pubblica.
L’idea che, per legge, un ente esterno, privato, che segue logiche di profitto, in mano ad azionisti non eletti da alcuno, possa avere delle armi di ricatto (“se non appoggi questa legge non ti certifico il bilancio e dico che hai rubato”) non è una cosa che mi tranquillizza.
Mi tranquillizza invece il fatto che il PD, spontaneamente, abbia scelto di farlo e mi piacerebbe che gli elettori premiassero questo atteggiamento volontario. Che implica che il rapporto di forza in questa relazione sta sempre dalla parte del PD, che è il cliente, e non dalla parte dell’ente certificatore, che in caso di obbligo diventerebbe una forca caudina inesorabile.