Anche questo giro di giostra servirà a capire quanto sia ancora potente Scajola in quel di Imperia. Una sua lite con Biasotti per stabilire chi fosse il reuccio del centrodestra ligure costò lo scranno di presidente della regione a Biasotti medesimo, visto che nell’Imperiese, storica roccaforte di forzisti (e ‘ndranghetisti) il voto fu molto più tiepido che in altre occasioni.
Ora che è stato definitivamente silurato vedremo che risultati avrà FI nell’imperiese e se ancora Scajola è in grado di mobilitare a piacimento messi di voti.
La sua vicenda dimostra però quanto contino le cose sul piano simbolico. Mentre per Dell’Utri, Previti, Berlusconi si è potuta continuare a narrare la favola delle persecuzioni giudiziarie, non ostanti le condanne o le prescrizioni sul filo di lana, per Scajola la vicenda della casa al Colosseo “pesa troppo” nonostante la (per altro assai singolare) assoluzione in primo grado al tribunale, porto delle nebbie, di Roma.
Per un elettore l’idea che un imprenditore che fa affari con una pubblica amministrazione possa regalare un pezzo consistente di una casa al capo di questa pubblica amministrazione senza chiederne un tornaconto o, stando a quel che sostiene lui, senza nemmeno farlo presente, è una storia che non sta in piedi, che scricchiola grandemente. E che gli elettori, perfino quelli con lo stomaco forte di Forza Italia, non perdonerebbero.
Il conto che fanno ad Arcore è: meglio perdere una roccaforte malamente (ammesso che Scajola li ancora comandi) piuttosto che erodere ancora il consenso a livello nazionale presentando uno così compromesso, almeno nell’immagine. Per altro per me che sono un ingenuo era molto più grave il fatto in cui era stato coinvolto da sindaco di Imperia (venne fermato assieme al sindaco di S.Remo di ritorno da una gita in cui venivano pagate mazzette a quest’ultimo sul casinò, ma lui disse di non essersi accorto di nulla) che non sta roba del mezzanino.