Premessa doverosa: la rissa, il lancio di fumogeni e tutta la pietosa gazzarra alla festa del PD contro Bonanni meritano tutta la mia più profonda esecrazione, contestare va bene, fare azioni violente fa passare automaticamente dalla parte del torto chi le faccia.
Stabilito questo, vorrei soffermarmi un attimo su questa litania che segue sistematicamente ogni azione di contestazione, più o meno organizzata, verso una persona pubblica, un politico o un uomo delle istituzioni.
Ora, io parto dal presupposto che nessun dottore o primario ordini a qualsivoglia soggetto di fare il parlamentare, il sindaco, il sindacalista o il presidente di qualche associazione di categoria. Se decide di farlo, lo fa seguendo un percorso democratico, viene eletto per suffragio e, sempre più o meno secondo dei principii più o meno astratti, è una persona come le altre (che conta uno alle urne come me e come voi) che accidentalmente investe un ruolo istituzionale. QUindi: una cosa è l’istituzione, l’altra è la persona che ne è investita (poi è ovvio che Presidente della Repubblca == Napolitano, nella realtà concreta è difficile scindere le due figure).
Tutto questo per dire cosa. In primis, la stessa idea che Bonanni, Schifani, Fini e compagnia, se vengono fischiati ad un comizio, si tratti di “censura” di “antidemocraticità” eccetera, è semplicemetne ridicola. Queste persone, grazie anche ai ruoli che occupano, hanno centinaia e centinaia di occasioni nella loro vita di dire tutto quello che pensano, addirittura, se coperti dall’immunità parlamentare, possono anche oltrepassare i limiti che per noi comuni mortali significherbbero querele e cause onerose. Secondo. Dato che il Presidente di qualcosa lo si fa, come detto, per libera scelta e per suffragio di liberi cittadini, fa parte del ruolo oltre che gli applausi, prendersi anche i fischi e le pernacchie. I posti dove quando il Presidente di qualcosa parla e tutti indistintamente applaudono gaudenti sempre e comunque hanno un nome preciso, si chiamano dittature. Se avete in mente i cinegiornali luce del 20ennio gente che contestava Mussolini o un qualche gerarca fascista non ce ne era manco a pagarla.
Infine. Per quale motivo quando il politico di turno, che in quel momento rappresenta lo Stato e che è dalla piazza considerato connivente od omertoso, va a Bologna per la commemorazione della strage della stazione, viene sistematicamente coperto da salve di fischi, nessuno fiata, e, anzi, tutti ricordano i “silenzi di Stato” sulla strage e l’improbabile condanna a Mambro e Fioravanti secondo molti paraventi e capri espiatori dei veri bombaroli?
Vuol dire forse che a Bologna hanno diritto di fischiare, mentre a Torino no? Alla commemorazione va bene, al comizio no? Quando i politici misero piede nella cattedrale di Palermo ai funerali di Borsellino e della scorta che rischiarono addirittura il pubblico linciaggio, quello era “inevitabile risentimento” della popolazione? Chi stabilisce quando contestare è un libero esercizio di democrazia e quando è “squadrismo e censura”? Letta? Luca Sofri?
Come ho scritto a commento di questo post che ho linkato, quando G.W.Bush arrivava sul suolo patrio di qualche nazione, fosse alleata o fosse ostile, veniva accolto nel peggior modo possibile, da gruppi di contestatori sempre più numerosi, rumorosi ed incazzati. La sua reazione era sempre la stessa: “in democrazia c’e’ il diritto di contestare e quindi ben vengano i contestatori”. E la stessa cosa succede ora nel Regno Unito per il tour promozionale della sua autobiografia di Tony Blair, boicottata dai contestatori sistematicamente. E nessuno fiata. Anzi, la maggior parte dei commentatori lascia intendere”se lo fischiano vorrà dire che se l’è meritata”.
Il punto per me non è quello. È lecito fischiare: certo. Non lasciare parlare, però, è una prevaricazione. Mi sembra sia una cosa ovvia.
Secondo me è per lo più un danno collaterale ad una iniziativa più che lecita, al netto della violenza che invece è peggio che inopportuna. Se un cantante va sul palco e fa schifo e il pubblico lo fischia al punto di imperdirgli di cantare, non è che qualcuno dica “è una prevaricazione”.
Per altro fischiare sonoramente e contestare una persona pubblica è l’unico modo che hanno le persone comuni per avere pari visibilità rispetto al motivo del disaccordo.
per quanto mi riguarda, la linea di confine è tra fischi e fumogeni. Se io vado a parlare a un comizio e mi fischiano così tanto che nessuno può sentire quello che dico, il problema non è mio ma dei partecipanti che avrebbero voluto ascoltarmi (per poi criticarmi, magari). Insomma, non mi arrogo il diritto di essere ascoltato, ma quello di poter parlare.